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Boris Vallejo, Mirage VII - 23.568 bytes

Boris Vallejo
Spring Garden
(Mirage VII)

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Vorlando
Capitolo 4

Vaghe ombre indistinte, refoli di aria profumata, il lontano trillare che filtrava dalle finestre della piccola costruzione scavata nella roccia, furono le prime sensazioni che si fecero strada attraverso il torpore che si andava a poco a poco dissolvendo...
Vorlando giaceva su un letto ricavato dal tronco di un albero, la luce che entrava dalla finestra era morbida e non dava fastidio agli occhi, schermata come era da tende di velo setoso color crema... si mosse con un leggerissimo ansito di dolore, ma la schiena non bruciava più come quando aveva perduto i sensi, anzi poteva sentire la presenza di un impacco fresco legato alla sue spalle con garze e sentiva con altrettanta sorpresa che il cuore non pulsava più affannosamente ma palpitava con battiti regolari...
Dal fondo della stanza una voce, dolce e malinconica, affettuosa e musicale, lui non riusciva ancora a vedere chiaramente, ma a tratti si ridestava nella sua mente l'immagine del viso di una donna sconosciuta e ricordava il fresco refrigerio di una morbida pezzuola passata sulla fronte rovente... forse era stato solo un sogno, ma la voce che ora udiva era reale e straordinariamente simile a quella della creatura intravista nel delirio, cercò di ascoltare nonostante il confuso e continuo ronzio che avvertiva nelle orecchie...
«Il peggio è passato, non è più febbricitante credete che vivrà?»
C'era un'altra persona nella stanza ed a quella persona si rivolgeva la voce di donna, questi era un anziano, ma la voce non era astiosa ed arrogante come quella degli anziani del nido, anzi era paterna e serena, carezzevole e premurosa...
«Non temere, il nostro giovane amico sopravviverà, è sfebbrato ed ora il suo respiro non è più affannoso, è già sveglio e probabilmente può udirci, ma deve ancora riposare per una notte prima che si possa parlare con lui, vai a riposare ora, sono quattro notti che lo assisti senza sosta, non temere lui vivrà, le tue cure e le mie erbe hanno sconfitto il tossico che lo divorava...»
La voce della donna era incerta e titubante.
«Vorrei essere accanto a lui quando riprenderà i sensi, se dormo come potrò essergli accanto al momento del risveglio?»
La voce del vecchio riprese morbidamente la donna.
«Sarai accanto a lui quando si desterà, ora dagli questa bevanda, dormirà tranquillamente per tutta la notte e domani al momento del suo risveglio sarà il tuo volto la prima cosa che i suoi occhi vedranno...»
Vorlando non riusciva ad schiudere gli occhi per la stanchezza ed il languore ma seguiva attentamente il dialogo ovattato che aveva luogo nella stanza e poco dopo sentì la donna avvicinarsi, sollevargli la testa con delicatezza e portargli alle labbra una coppa, lui bevve senza esitare la bevanda che gli veniva offerta con tanta premura ed avvertì subito dopo un leggero tepore spandersi per il corpo, a poco a poco il tepore si trasformò in torpore ed a fatica appena poco prima di perdere i sensi riuscì a schiudere appena appena le palpebre per guardare la creatura che lo aveva assistito con tanta amorosa dedizione, la visione era confusa ed appannata ma al centro di essa vi era un bellissimo viso di donna e dietro di lei due grandi ali di farfalla spiegate e screziate di mille colori, poi si lasciò deporre sul guanciale e si abbandonò al sonno, mentre sempre più lontana ed indistinta la voce gentile dell'uomo anziano si rivolgeva con paterna ammonizione alla donna che lo assisteva.
«Ora vai a riposare Alouette, hai anche tu bisogno di riposo, lui dormirà fino a domani mattina ed al risveglio potremo parlare con lui e finalmente sapere il perchè di tanta barbarie...»

Quando riprese i sensi era mattino inoltrato, la luce dorata penetrava nella stanza donando scintillii ramati alle minuscole particelle di polline onnipresenti nell'intera vallata, sul bordo del letto Tweet attendeva pazientemente il risveglio del suo compagno di strada, a tratti si lasciava sfuggire un trillo argentino poi rimaneva immobile attendendo un movimento del giovane.
Vorlando dischiuse gli occhi a fatica e lei era lì seduta vicino a lui, appariva stanca e preoccupata, il breve riposo di quella notte non aveva potuto spianare piccole rughe frutto di lunghe ore di veglia, pur tuttavia la sua bocca era atteggiata a sorriso sia pur malinconiconico ed incerto, dietro la sua schiena due immense ali di farfalla, spiegate e magnifiche, iridescenti di mille colori a tratti smosse da un fremito leggero.
Una donna-farfalla... Vorlando era incantato e stupito dalla straordinaria bellezza della creatura che le era di fronte, da tempo conosceva antiche storie che narravano di un'antica razza un tempo molto numerosa di creature dalle ali simili a quelle di lei, aveva sempre pensato che fosse una bizzarra fantasia dei bardi del Nido, una fantasia ingenua ma poetica, che ignorava la stessa logica, quali ali infatti avrebbero potuto reggere in volo una creatura come un volatore se non quelle robuste e piumose della sua gente? Eppure ora guardando la creatura che sedeva accanto a lui non dubitava più di quelle storie, lei era adatta al volo, la sua figura snella e leggiadra non avrebbe avuto nessuna difficoltà a sollevarsi in volo cullata dalle sue splendide ali...
La fissava incantato e con la fantasia la vedeva percorrere le strade del cielo, i sentieri degli aironi, e per un istante immaginò di poter percorrere quelle strade tra le nubi accanto a lei in un volo senza fine e senza tempo, poi con un sospiro rammentò che quelle strade gli erano vietate per sempre, lui non avrebbe mai potuto seguirla in volo, lui non aveva più le sue ali color del bronzo, si sarebbe dovuto contentare di assistere alle sue evoluzioni tra le nubi incatenato alla terra dalla sua innaturale menomazione, avrebbe solo potuto vederla ma non accompagnarla...
La guardava e si chiedeva come mai una creatura come lei potesse essere sfuggita alle esplorazioni di tanti volatori, se lui fosse stato un volatore e nel corso delle sue peregrinazioni avesse visto una creatura così insolita non avrebbe potuto fare a meno di parlare al Nido dell'incontro fatto, eppure nessuno aveva mai raccontato di aver fatto un simile incontro, solo i bardi ne parlavano come dell'antico popolo ma nessuno aveva mai creduto alle poetiche fantasie dei loro canti... eppure lei era lì, reale e misteriosa, davanti ai suoi occhi affascinati, silenziosamente in attesa del suo risveglio...
Lei non sembrava accorgersi di quanto Vorlando la fissasse intensamente, sembrava persa in un sogno lontano, lui allungò una mano verso di lei, per sfiorarla, ancora incerto e timoroso di essere immerso in un sogno troppo bello da cui non voleva ridestarsi...
Le sfiorò con delicatezza una mano e lei si riscosse con un leggero sussulto, poi si riprese e gli sorrise.
«Perdonatemi se vi ho distolto dai vostri pensieri ma credevo di essere ancora imprigionato in un sogno e volevo solo provare a me stesso che voi siete quel sogno...»
Le porse la mano e lei rimase immobile, pur sorridente, ma il sorriso era al tempo stesso dolce e malinconico.
Vorlando era turbato e ritrasse la mano lentamente continuando a fissarla, poi una voce vicina ruppe l'incanto.
«Figliolo... lei non può vederti... è cieca...»
Sentì il cuore stringersi per il dolore e si volse verso la direzione da cui erano venute quelle parole così terribili.
Lui era là, era anziano molto anziano, la sua corporatura era inconfondibilmente quella di volatore, ma era privo di ali come lui...
«Ricordo la vostra voce - disse - ieri prima di perdere i sensi voi le stavate dicendo di riposare... ma voi chi siete? E soprattutto chi è lei? I bardi del Nido narrano da tempi lontani di creature con ali di farfalla, ora vedo che non era una leggenda, ma a stento riesco a credere ai miei occhi...»
Il vecchio aveva un'espressione addolorata ma orgogliosa.
«Noi siamo solo dei reietti, io nacqui senza ali e pertanto ero condannato a morire, ma un volatore ebbe compassione di me, mi rapì e mi abbandonò nella valle, sono cresciuto qui, in questa valle che è ormai la mia unica casa e di questa valle conosco tutti i segreti noti soltanto ai fiori-farfalla... Nei lunghi anni trascorsi ho più volte abbandonato il mio rifugio e sempre sono ritornato qui, dove è il mio unico riparo... In uno dei miei viaggi trovai lei e la portai in salvo nella valle...»
Vorlando guardò di nuovo la creatura seduta accanto a lui e poi si rivolse di nuovo all'anziano.
«In salvo? e da chi? e da cosa? e la sua gente?»
«Si in salvo... perchè la sua gente non esiste più furono tutti sterminati da chi non voleva che esistessero altri volatori...»
Sentì come una lama di ghiaccio piantarsi nel cuore.
«Chi può aver commesso un tale crimine verso delle creature così belle e leggiadre?»
«Un giovane volatore guidava la spedizione, aveva lui stesso scoperto l'ultimo rifugio di questa sfortunata razza e fui lui ad accecarla... Guarda le sue ali quanto sono belle...»
Vorlando le guardò annuendo estasiato.
«Sarà bellissimo vederla volare...»
«Lei non può volare, non potrà mai farlo, i tendini delle ali sono stati recisi, le sue ali sono solo un bellissimo ornamento ma i sentieri del nibbio e dell'airone sono negati anche a lei così come sono negati a noi...»
Il giovane era in preda alla vertigine, sconvolto dalla rivelazione della crudeltà perpetrata contro la creatura che gli siedeva a fianco, si sentiva crescere dentro di se un'ira purpurea ed inarrestabile come marea, poi la mano di lei trovò la sua ed improvvisamente l'ira sbollì trasformandosi in sorda amarezza.
Lei gli parlò e la sua voce era leggera come il tinnire di un cristallo, malinconica e rassegnata.
«A che serve adirarsi? A che serve, mio giovane amico, non sarà l'ira a ridarmi il colore dei fiori, non sarà l'ira a far tendere le mie ali all'abbraccio del vento, ma nei miei sogni io vedo quei colori e nei miei sogni io volo intorno ai bastioni di nubi, ti insegnerò a sognare ed a dividere quei sogni e voleremo insieme là dove non potrà raggiungerci la crudeltà della tua gente...»
Vorlando era commosso dalle parole della giovane e portò la mano di lei alla labbra, poi si rivolse di nuovo al vecchio con voce spezzata dall'emozione.
«Troverò quel volatore, lo troverò dovunque si nasconda e pagherà per il male che ha fatto, se voi sapete il suo nome, vi scongiuro, ditemelo affinchè sappia chi è il mio nemico!»
«A che servirebbe ormai? Hai ascoltato cosa ti ha detto vero? - poi scosse la testa esitando - La verità può a volte essere molto dura Vorlando...»
«Conoscete il mio nome?»
«Io ti ho assistito, ricordi? Si forse nel tuo delirio hai visto il mio volto, e nel tuo delirio tra mille parole sconnesse hai detto il tuo nome, mio giovane amico, il tuo nome e frammenti dei tuoi dolorosi ricordi...»
«Lei ha ragione tu hai parlato e noi qualcosa sappiamo delle tue sofferenze..»
Vorlando lo interruppe con un gesto stizzoso.
«Non importa come sappiate il mio nome e le mie sofferenze mi appaiono ora modeste, ditemi invece chi fu il volatore che commise un crimine così orrendo, vi prego...»
«Il volatore era Valdus dei Vortex... sì Vorlando... tuo padre...»

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Capitolo scritto nella notte tra il 30 giugno ed l'1 luglio 1995, dopo di allora la stesura del romanzo si è interrotta.

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