Il Verde Castello

(Autore Sconosciuto)
barra

For english version by Gianpaolo Brignolo click on the flag

La mia decisione improvvisa di partire per una crociera nel Mediterraneo non poteva non suscitare stupore e perplessità in chi mi conosceva ormai da tempo, infatti è ben nota la mia avversione per tutto ciò che in qualche modo è legato o solo vagamente collegato all'idea stessa del mare e delle sue silenziose profondità.
Chi mi conosce ben ricorda con quanta fermezza io abbia sempre rifiutato di immergermi nell'acqua marina, anche soltanto per un breve bagno in prossimità della riva, oppure di trascorrere una breve vacanza in una stazione balneare, sino a provare disgusto anche al solo sfiorare l'acqua del mare o la rena inumidita dalle onde, un'avversione assurda e accompagnata da reazioni ipocondriache, insomma i miei atteggiamenti sono stati di volta in volta giudicati come mania, fobia, timore di annegare... questo timore ad esempio è in parte giustificato dalla mia completa inettitudine al nuoto.
Sono il primo a riconoscere che questo mio comportamento è innaturale, morboso e quasi psicotico, ma sino ad oggi ho preferito non dare ad altri eccessive spiegazioni, preferendo al contrario essere giudicato un po' bizzarro.
In un certo senso è abbastanza vero eppure nessuno conosce il vero motivo dei miei timori e di questo mio bizzarro comportamento...
In tutti questi anni non ho mai trascorso neppure un giorno in una località balneare, preferendo sempre per le mie rare e brevi vacanze la quiete riposante dei monti silenziosi.
Come ho detto poc'anzi l'orrore che io provo per il mare è stato giustificato da qualcuno in passato, non ricordo chi, con la mia assoluta incapacità di imparare a nuotare, in un certo senso ciò è vero dato che in tanti anni non sono mai riuscito ad apprendere i movimenti basilari del nuoto, nemmeno in una piscina coperta, la sola vista di una grande quantità d'acqua mi causa senso di smarrimento, angoscia, un vero terrore che niente e nessuno riesce a fugare.
Alla base di tutto vi è un episodio accaduto tanti anni fa, quando ero ancora un bambino di nove o dieci anni, in quell'episodio è nascosto il perché dell'orrore che oggi io provo per il mare...
Inoltre, concedetemi di fare una breve digressione, è ben noto il mio cinico atteggiamento di fronte alla morte (su questo argomento torneremo più avanti), un atteggiamento che rasenta il cinismo e l'indifferenza più assoluta, non posso farci nulla, è qualcosa che non posso controllare eppure di fronte al corpo di un annegato questa apparente maschera crolla di colpo ed io vengo assalito da un'angoscia inspiegabile a chi mi osserva, ciò appare contraddittorio ma attenzione ciò accade solo di fronte ad un annegato in mare, se il morto è stato ripescato in un fiume o in un lago il suo incidente mi lascia del tutto indifferente!
Contraddizioni! Forse... ma tutto ciò ha un senso solo per chi fosse in grado di vedere cosa cela il mio passato; per poter comprendere è necessario riandare con la memoria molto indietro negli anni, sino ai tempi della mia prima giovinezza... Delle persone che mi conobbero in quegli anni ben poche sono ancora in vita le altre già da molto tempo guardano l'erba dalla parte delle radici, eppure nessuno in tanti anni ha mai pensato di ricollegare quei lontani avvenimenti al mio comportamento successivo... avvenimenti dimenticati da tutti ma non da me che a volte rivivo l'agghiacciante esperienza vissuta in una lontana estate...

Come ogni fanciullo anche io avevo una vera passione per il mare e quando finivano le scuole andavo con la mia famiglia in vacanza in una cittadina sul Tirreno, Fregene, Anzio, Nettuno... adesso non mi rammento con precisione, sono passati molti anni e di quel periodo mi tornano alla memoria solo alcuni episodi molto eterogenei oltre all'incidente che segnò per sempre la mia vita.
Ogni estate dunque mi recavo in vacanza al mare e assieme ai miei cugini ed alle numerose amicizie infantili allacciate nel corso degli anni riprendevo con gioia i molti giochi interrotti al termine delle vacanze precedenti e giocando dimenticavo le fatiche dell'anno scolastico appena terminato.
Il mio gioco preferito, lo ricordo con gran vividezza di particolari, era costruire colossali e fantasmagorici castelli di sabbia, irti di tozze torri protette da mastodontici bastioni e di sottili minareti e pinnacoli, il tutto collegato da camminamenti scavati nelle mura merlate, castelli fantasiosi come quelli che ancora oggi si vedono nei libri di fiabe, ed io per renderli più belli ero solito fare bandiere ed orifiamma con stracci d'alghe e pezzi di carta colorata, che infilavo su stuzzicadenti e che poi ponevo sulle torri più alte del castello.
Attorno al castello scavavo un profondo fossato e con del cartone tirato da elastici realizzavo un ponte levatoio, infine scavando attraverso l'apertura giungevo con la mano sotto il castello e lì realizzavo profonde ed oscure segrete in cui imprigionavo piccoli fantocci, immaginandoli poi prigionieri lì incatenati e dimenticati da lunghi anni, in dolorosa attesa di un'impossibile liberazione.
A volte, la fantasia dell'infanzia è praticamente inesauribile, costruivo vulcani...
Sì proprio maestosi vulcani ricavati da enormi cumuli di sabbia e alle loro pendici scavavo un cunicolo asciutto sino ad una profonda camera sotterranea, ampia e regolare, direttamente comunicante attraverso uno stretto camino col cratere sovrastante, in quella camera ponevo pallottole pressate di carta di giornale, dopo di che, riempita la fornace di combustibile gettavo nel camino una cicca ancora accesa, offerta da un parente fumatore, poi, senza perder tempo richiudevo il tunnel con sabbia pressata e rimanevo in attesa dell'effetto, questo era sempre sorprendente e incuriosiva i bagnanti che affollavano la spiaggia, dopo pochi minuti infatti dal cratere si sprigionava un sottile filo di fumo che indugiava pigramente nell'aria calda di luglio fino a che, a poco a poco, prendeva forza a causa della combustione della carta, sino a divenire un'alta colonna di fumo denso e brunastro, tanto da far credere che veramente si stesse formando un vulcano su quell'anonima spiaggia tirrenica, lo spettacolo durava pochi minuti, al massimo dieci, poi la sabbia divenuta rovente seppelliva la camera sotterranea spegnendo la fornace... eppure con la mia piccola creazione riuscivo ad attirare gli sguardi divertiti ed incuriositi di un gran numero di persone.
Sì mi divertivo a creare con pochi pugni di sabbia spettacoli indimenticabili e in ogni mio svago cercavo di mettere sempre nuove sorprese sino a trasformare tutto ciò che mi circondava in un gioco divertente.
Allora, come dovrebbe sin qui risultare evidente, non odiavo il mare, tutt'altro, passavo intere mattinate sul bagnasciuga ed il mio divertimento più grande era fare il bagno pomeridiano, quando l'acqua è calda e satura di sole.
Tutto procedeva al solito modo quando, in una di quelle interminabili mattinate, ad uno dei miei cugini, eccellente nuotatore, venne la malaugurata idea di fare il motoscafo... a dirlo oggi può sembrare un gioco terribilmente stupido ma i bambini di allora non erano gli spocchiosi ed incontentabili mocciosi di oggi, l'idea poteva davvero apparire divertente ai nostri occhi, così presi un salvagente ed aggrappatomi ad un'estremità mi lasciai trascinare da mio cugino. In breve tempo prese velocità fendendo l'acqua spumosa con ampie bracciate, ma quando mi accorsi che la riva dietro di me si faceva sempre più lontana il divertimento svanì di colpo, io non sapevo nuotare e sentivo i muscoli delle braccia indolenziti per la presa troppo a lungo tenuta sul bordo del salvagente a cui stavo aggrappato, così gli gridai di tornare indietro, cercando in qualche modo di farmi udire da lui, cominciai ad aver paura di annegare e più stringevo il bordo del salvagente più sentivo aumentare il dolore ai muscoli delle braccia. Mentre lo chiamavo, faticando a mantenere la bocca fuori dall'acqua, improvvisamente persi la presa e sprofondai gorgogliando nel mare.
Di fronte ai miei occhi apparve per un istante l'inconsueta visione del cielo e delle verdi profondità marine separati da un leggero velo di spuma biancastra, capii improvvisamente con tutto l'orrore possibile che stavo per annegare, con la bocca spalancata e gli occhi sbarrati, lanciando un grido silenzioso ed inaudibile vidi il salvagente allontanarsi fuori dalla mia portata, compresi che sarebbero trascorsi molti minuti prima che il motoscafo potesse tornare indietro per ripescarmi e in ogni caso ben difficilmente sarebbe tornato in tempo... Mi avrebbe ritrovato? È incredibile come in certe occasioni il tempo sembri dilatarsi all'infinito, in una girandola vertiginosa rividi in un caleidoscopio di immagini i miei castelli di sabbia, i miei compagni di giochi, la scuola elementare che frequentavo all'epoca, i miei parenti e tante altre cose ancora che, ne ero convinto, non avrei più rivisto. Sentii dentro di me orrore per la stupida morte che stavo per fare ma per qualche sconosciuto motivo fui cosciente della mia situazione sino a scorporarmi per osservarmi dall'esterno.
Mi vidi sprofondare in acqua come se quello che stava annegando fosse un'altra persona distinta e separata da me, non è possibile oggi spiegare chiaramente quella sensazione provata in quei momenti di terrore, anche se nel corso di questi anni ho più volte rivissuto l'incubo dell'annegamento sempre chiedendomi cosa sia veramente accaduto allora...
Forse solo oggi credo di poter dare una risposta agli interrogativi rimasti per lunghi anni senza risposta.
In quei minuti interminabili vidi nelle verdi profondità marine un immane castello, irto di torri e guglie, simile in tutto a quelli che pazientemente edificavo sul litorale, ma nell'acqua i cenci delle alghe garrivano come autentici orifiamma smossi dal vento, non come i miei che pendevano come stracci inerti, umidi ed incapaci di sventolare, le alghe attorno al castello apparivano come un parco di alberi secolari e le superficie delle acque sovrastanti sembrava la volta celeste in cui i riflessi del sole assumevano la forma di lune crepuscolari... in quegli istanti dimenticai la mia sgradevole situazione ed ammirai quell'edificio superbo, gigantesco e ben rifinito, ma soprattutto mi sorpresi che il mare non ne dissolvesse le mura sino a sgretolarlo, così, come erano solite fare le ondate impietose che ogni volta facevano scempio delle mie effimere creazioni...
Sembrava antico come il mare che lo accoglieva, incredibilmente antico, accovacciato in torpida attesa di uno spettrale castellano al quale affidare il silenzio di sale sterminate e festonate di muschio.
Chissà - pensai - se nelle segrete vi erano fantocci prigionieri come quelli che io mettevo nei miei, forse in quelle segrete qualcos'altro gemeva lì sotto sognando l'impossibile riscatto e preferivo non chiedermi chi o cosa fosse.
I cenci delle alghe ondeggiavano come dita sfilacciate, come mani estranee intente a salutare in modo bizzarro me, che scendevo lentamente nel silenzioso regno marino.
Credo di aver intravisto qualcuno affacciarsi dai veroni decorati da bifore intarsiate, o forse lo immaginai, ma in quel momento ero certo di essere osservato dai silenziosi abitanti della fantastica costruzione.
Ricordo che chiamai verso le finestre, gridai verso il buio delle sterminate sale, sospirai cercando qualcuno che mi venisse incontro per essermi guida in quel regno perduto...
Poi avvertii un risucchio, vidi l'acqua turbinare davanti ai miei occhi, poi il sole e l'aria mi esplosero attorno.
Il mio motoscafo era riuscito a ripescarmi e, agitato ed impaurito, mi ordinava di sputare l'acqua che avevo bevuto e di respirare... solo allora mi resi conto di non avere acqua nei polmoni, di non aver bevuto e per quanto mi sforzassi di ricordare la mia convinzione era quella di aver respirato sott'acqua. Infatti mi ricordo che lì sotto non mi è mai mancato il respiro, non ho mai avuto la sensazione di annegare. Sapevo che stavo annegando ma nulla e nessuna sensazione mi confermava il fenomeno.
Ero convinto, e lo sono stato per tutti gli anni successivi, che lì sotto io ho respirato senza nemmeno rendermene conto.
So bene che ciò sembra assurdo, frutto incredibile della mia fertile fantasia, ma di sicuro rimasi sott'acqua almeno per quattro minuti, se non di più. Mio cugino infatti pur accorgendosi che avevo mollato la presa andando a fondo non potè che ripescarmi dopo alcuni minuti come lui stesso mi confidò una volta tornati a riva.
Ovviamente nessuno diede peso alle nostre parole, in certi momenti di ansia il tempo sembra rallentare all'infinito ed anche un solo minuto sembra durare un'eternità e la durata reale di questo trascorrere sfugge alla nostra percezione... per questo motivo impaurito per l'accaduto e per la sua stessa responsabilità doveva aver creduto che fosse passato molto più tempo di quanto ne era realmente trascorso...
Alcuni dissero che si può resistere in acqua per quasi cinque minuti, come i pescatori di perle, ma io non ero un pescatore di perle, ero solo un bambino impaurito e davvero sono certo di non aver pensato nel momento in cui perdevo la presa a trattenere il fiato per resistere più a lungo dopo aver fatto una generosa provvista d'aria, se mai è vero il contrario, mi sono dimenato, ho chiamato, di sicuro non ho pensato a tirare un lungo respiro, anche perché già, quando ancora mi reggevo al salvagente, facevo fatica a respirare ed a tenere la bocca fuori dall'acqua, quindi mi rifiuto di credere che in quelle condizioni io possa esser riuscito a tirare un respiro sufficiente per mantenermi in apnea per più di un minuto... quando non si trova una spiegazione ad un mistero è assai più facile ignorare il mistero anche se è illogico... questo accadde, l'avvenimento inspiegabile fu ignorato e dimenticato da tutti ma non da me...
Eppure c'era qualcos'altro che non quadrava, io non avevo bevuto e anzi ricordavo e ricordo tuttora di aver respirato sott'acqua con molta naturalezza come se fossi nel mio ambiente e che tornato all'aria ed al sole provai uno struggente rimpianto come se fossi stato strappato al mio mondo.
È difficile dar peso alle fantasie di un bambino, per questo motivo le mie parole vennero giudicate un tentativo banale, ridicolo, dette per rendermi interessante e crearmi un alone di mistero, per gli adulti era più semplice credere a spiegazioni assurde ma plausibili piuttosto che chiedersi se in ciò che raccontavo non vi fosse un misterioso fondo di verità.
Quando l'interesse per la vicenda svanì chiesi a mio cugino se anche lui avesse visto lo splendido castello che mi aveva così colpito. Di certo - pensai - deve averlo visto anche lui quando si è immerso per ripescarmi. La sua risposta negativa mi sorprese e quando lui mi chiese di raccontargli il mio sogno di colpo compresi che quanto mi era accaduto era qualcosa di cui era superfluo parlarne ad altri.
Lasciai cadere il discorso e lui non mi chiese più nulla.
Da quel giorno molte cose cambiarono in me, in primo luogo limitai i miei bagni di mare alla riva, all'immediato bagnasciuga, poi dopo alcuni giorni cessai anche con quelli quando un umido straccio di alghe mi si avvinghiò ad una caviglia come se volesse riportarmi indietro. In quel momento sotto il velo dell'acqua vidi un castello pieno di mura e torri merlate. Non sono certo se gridai di terrore o no, ma da allora in poi non mi avvicinai mai più al mare.
Uscii dall'acqua a fatica, lottando contro la risacca che per suoi oscuri motivi voleva riportarmi in mare aperto, il giorno dopo tornai in città con la mia famiglia e questa volta non protestai come negli anni passati per la fine della villeggiatura ma fui segretamente lieto di allontanarmi da quel mare angoscioso...
Da allora non fui più lo stesso, sfuggii il mare con un'ostinazione quasi ridicola, da principio questa mia ossessione fu giustificata dalla brutta avventura passata, ma col passare del tempo questa scusa fu abbandonata ed il mio comportamento fu interpretato come un capriccio insensato.
Ben presto mi accorsi quanto fosse profondo ed innaturale il cambiamento che si era verificato in me, disertai i giochi dei miei coetanei che cominciarono ad apparirmi sciocchi ed infantili rinchiudendomi invece in impenetrabili mondi di fantasia, mi abbandonai ai sogni, favoleggiando il ricordo bizzarro di un regno perduto, ritrovai spesso nei falsi sogni del mattino il ricordo sopito del castello intravisto nelle profondità del mare ed inspiegabilmente cominciai ad avvertire un richiamo lontano e compresi che qualcosa attendeva il mio ritorno nelle sterminate profondità dell'oceano.
La morte stessa assunse uno strano fascino e non riuscii più a commuovermi di fronte ad essa, guardai ad ogni sua manifestazione con cinismo, senza più partecipare al dolore di chi mi circondava, la perdita di un parente, di un amico mi rattristava eppure non provavo un vero dolore, come se in quel giorno lontano tutte le lacrime di una vita si fossero per sempre asciugate dai miei occhi e nonostante tutto compresi che tutto questo non era bello ma malsano ed inumano.
La mia indifferenza, la mia impassibilità fu spiegata con un'insospettata durezza d'animo e questo era ingiusto eppure non riuscivo a spiegare il perché del mio comportamento, nulla di ciò che avrei potuto dire in mia difesa avrebbe cambiato mai l'opinione che gli altri si erano fatti sul mio conto.
Purtroppo non riuscivo più a commuovermi, non potevo più commuovermi, vedevo tutto dal di fuori, forse avrei dovuto fingere, avrei dovuto mostrare un dolore che non provavo, ma perché, mi chiedevo, dovevo essere ipocrita solo per accontentare gli altri? Gli altri si aspettavano questo da me?
Quando persi mia moglie, ed io solo so quanto l'abbia teneramente amata, la mia freddezza, il modo con cui lucidamente disposi per le esequie e la sua tumulazione mi fecero perdere l'affetto di tutti i parenti di lei, divenni oggetto di un vero senso di repulsione, di malcelata ostilità e nessuno di loro volle mai più vedermi, non poterono dimenticare come io la guardai spirare, forse credettero che io non l'avessi mai amata, di sicuro ne attribuirono a me la morte, forse per le sofferenze che aveva dovuto patire per causa mia.
Io sapevo quanto false fossero quelle accuse, ma in che modo avrei potuto spiegar loro che sin dall'inizio mi ero preparato alla sua morte, essa non giunse improvvisa per me, fu un ictus per gli altri, per i medici, per il mondo, ma io da oltre un anno sapevo già che l'avrei perduta, cercai di esserle vicino sino al suo ultimo giorno, l'amai profondamente eppure non riuscii a soffrire per la sua imminente e prematura morte e quando quel giorno venne osservai in silenzio la sua agonia, non mi sfuggirono i sarcastici commenti ingenerosi dei parenti di lei, le accuse velate, ma come ho detto non provai dolore per la sua morte, da troppo tempo sapevo.
Dal giorno in cui uscii dal mare sfuggendo al suo mortale abbraccio ho ben presto scoperto di poter sentire l'odore della morte addosso a persone ancora vive, ma che presto la tomba richiamerà a se.
La prima volta che lo avvertii fu quella stessa sera, quando tornammo alla pensione ove eravamo alloggiati, emanava dall'anziana proprietaria, intenso e nauseante, lo dissi ai miei e loro mi rimproverarono per ciò che avevo detto, allora non sapevo ancora di cosa si trattasse, così mi limitai a dire che quella signora puzzava, i miei non avevano sentito nessun odore diverso dal solito e mi rammentarono che l'educazione è un dovere per tutti, ma che in quel caso avevo torto perché la brava donna aveva una scrupolosa igiene e la mia era un'ingiusta cattiveria, anzi oltre che maligno ero anche bugiardo.
Non ne parlai più ma l'anno successivo fu necessario cercare una nuova pensione poiché la proprietaria di quella era deceduta durante l'inverno.
Col passare degli anni più volte si verificò questo sconcertante fenomeno, non era continuo ma abbastanza frequente, cosicché alla fine imparai a collegare l'odore che io solo avvertivo alla morte imminente della persona su cui io l'avvertivo o di un suo familiare.
A soli dodici anni potevo capire dalla sua intensità anche quanto tempo da vivere restasse alla persona che lo emanava. Era sconcertante a volte salire su un autobus e avvertire che il tale sarebbe morto entro cinque mesi, un altro tra un anno, l'autista entro pochi giorni - forse un incidente -, sembrava quasi di viaggiare con un carico di morti insepolti. così mi abituai alla morte e la mia indifferenza fu una sorta di scudo, altrimenti credo che sarei presto impazzito se non avessi reagito in qualche modo.
Molto più triste era avvertire quell'odore su parenti o amici, soprattutto giovani e coetanei, io sapevo sempre molto tempo prima ciò che per gli altri sarebbe stato uno choc improvviso, la notizia della morte di un conoscente non mi colse mai di sorpresa e questo rafforzò negli altri la convinzione che il mio fosse un indegno cinismo, ma in tutta franchezza come avrei potuto soffrire per la scomparsa di qualcuno che per me era già morto da mesi? Se solo avessi potuto chiudere il mio naso a quell'odore forse avrei di nuovo imparato a soffrire, forse avrei di nuovo trovato la consolazione delle lacrime, ma nel mio caso la morte, soprattutto di una persona a me vicina, si trasformava in una vera liberazione, non avrei più avvertito quell'odore! Spesso ero ingiusto verso costoro, li allontanavo da me, li trattavo con mal garbo, ma solo perché l'odore che emanavano mi dava la nausea ed io a volte ne ero esausto, sapendo ciò chi avrebbe potuto biasimarmi? Chi avrebbe potuto farlo se solo avesse per pochi istanti condiviso la mia maledizione?
Non cerco giustificazioni vorrei solo chiedere a chi mi ha criticato di provare ad immaginare cosa sia vivere giorno dopo giorno sentendo l'odore della morte... Chi ha giudicato cinico il mio contegno davanti a mia moglie che spirava provi solo ad immaginare cosa vuol dire amare una donna giovano, apparentemente piena di vita, averla sempre accanto, dividere con lei il letto e sentire ogni giorno su di lei l'odore della morte, ogni giorno più forte, ogni giorno più stordente, destarsi nel cuore della notte e sentire nel buio quell'odore nauseante e dolciastro, sentirlo su di lei...Dio, Dio, quante volte sono stato sul punto di soffocarla nel sonno con un cuscino solo per far cessare quell'immondo odore, quante volte l'ho allontanata bruscamente da me solo perché non resistevo più alla sua vicinanza!
So di averla fatta soffrire con il mio comportamento, eppure solo io so con quanto coraggio le sia restato accanto, anche a certe cose mostruose, anomale e blasfeme prima o poi si finisce per farci l'abitudine, ma ciò che in un estraneo alla lunga ti suscita indifferenza, su una creatura a te strettamente legata ed infinitamente cara, assume tutt'altro valore, alla fine la morte di mia moglie fu una liberazione... chi potrebbe a questo punto realmente biasimarmi se davanti al letto in cui giaceva bianca come cera io tirai un sospiro di sollievo?
Merito forse biasimo se con tanta tranquillità disposi per il servizio funebre senza mostrare il dovuto strazio per la sciagura che mi aveva appena colpito?
Lei ora sa, dovunque si trovi ora di sicuro comprende quello che ho passato, questo solo importa, ora sono molto più sereno e non mi curo di critiche malevole.
Descrivere l'odore della morte... come si può descrivere una cosa che gli altri non avvertono? Provate a spiegare ad un sordo il rumore del tuono, il frusciare delle fronde, il mormorio di un ruscello tra le rocce... provate a spiegare ad un cieco il colore del tramonto, lo spettacolo dell'arcobaleno, un prato a primavera, il sogno sulle ali di una farfalla... non è possibile, è troppo arduo trasmettere ad altri ciò che loro non potranno mai conoscere, eppure in qualche modo devo pur trovare le parole adatte, in qualche modo devo far comprendere l'incubo che mi accompagna da una vita, per quanto incompleta potrà essere la mia descrizione forse riuscirò a dare una pallida idea di ciò che ha avvelenato la mia vita per oltre quarant'anni...
Immaginate i viali di un cimitero in autunno, i fiori di funerali e funerali, ammucchiati a marcire sulla terra grassa ed untuosa, sotto la pioggia, col cielo umido come di pianto, unite il sentore della corruzione della carne, il puzzo di putredine, l'umido pungente del salnitro, l'aria graveolente e dolciastra del sepolcro, il senso stesso della morte, aggiungete l'odore del creosoto e l'altro... quello che aleggia in un istituto di medicina legale dopo la dissezione di ciò che il mare ha trattenuto nel suo abbraccio per più di un mese, mettete tutti questi odori assieme, ampliateli ed ampliateli di intensità col passare dei giorni ed immaginate di dover vivere accanto ad una persona che lo emana, di doverci dormire insieme, di baciarla... è solo una pallida idea di ciò che io ho passato... forse comprendendo questo sarà difficile condannare il sorriso che ha aleggiato sulle mie labbra quando hanno calato mia moglie nella fossa...
Col lento ed inesorabile trascorrere degli anni mi sono più volte chiesto il significato di quel castello sul fondo del mare, mi sono più volte domandato perché solo io l'avessi visto, ma soprattutto per chi garrissero gli orifiamma di alghe, forse salutavano l'arrivo di qualcuno, ma chi? In quei giorni nessuno annegò o rischiò di annegare in quelle acque.
Più volte mi sono riformulato la stessa domanda, più volte ho cercato una risposta che nessun altro all'infuori di me potrà mai dare... oggi comprendo di aver visto la Fortezza dei Pesci ed i suoi stendardi d'alghe garrivano per salutare il mio arrivo, pur tuttavia qualcosa mi strappò all'abbraccio del mare, ma gli sottrasse solo il mio corpo, la mia anima rimase prigioniera laggiù gemendo nelle buie segrete, invocando quel corpo strappato alle acque... forse per questo motivo la morte non ha più suscitato emozioni in me, forse per questo motivo il suo odore intenso è stato il continuo sottofondo di questi lunghi anni, forse non del tutto a torto sono stato giudicato senz'anima poiché lasciai la mia nelle profondità del mare in quel luglio di tanti anni fa... io sento la morte come solo i morti possono avvertirla, poiché, ora ne sono certo, io sono morto, morto annegato da lunghi anni e la mia effimera vita l'ho rubata giorno dopo giorno, sfuggendo il mare per prolungare oltre ogni limite l'illusione di potermi creder vivo.
Eppure ora questo fardello è diventato troppo pesante ed il richiamo del mare diviene ogni giorno più forte, ho tentato fino all'ultimo di illudermi di avere la forza di poterlo ignorare, ma la morte di mia moglie mi ha mostrato che non vi è via d'uscita.
Bizzarra sorte la nostra, per un intero anno due morti hanno diviso lo stesso letto dormendo l'uno a fianco dell'altra. Non so se lei ha mai avuto il sospetto della mia reale essenza e oziosamente mi chiedo cosa sarebbe nato se avessimo concepito un figlio, cosa avremmo generato col nostro amplesso...
Tanti interrogativi che rimarranno per sempre senza risposta, per questo ormai stanco ho deciso di fare questo viaggio per mare, era da troppi anni che dovevo correggere l'anomalia della mia crepuscolare esistenza, questo viaggio non è e non sarà una vacanza, ma la fine di un'illusione, da qualche parte, non importa dove, un castello con vessilli d'alghe attende in silenzio il suo castellano fuggito, da qualche parte un'anima geme nelle sue segrete, chiamando il corpo rapito... ora non è più il tempo di indugiare, il ceruleo mare ha troppo a lungo atteso il mio ritorno.

Firma - 3.979 bytes

Anche questo racconto risale al 10 settembre 1979, fu parzialmente rivisto in data non precisata sui miei appunti, si ispira in parte alla leggenda della Fortezza dei Pesci, che è un presagio di morte per chiunque la veda in mare, e più direttamente ai miei ricordi delle vacanze estive da bambino in una delle quali rischiai veramente di affogare come descritto nel racconto.
È un racconto assolutamente inedito, mai letto da altri prima di approdare qui in web, il riversamento al pc è stato effettuato dal 10 all'11 novembre 1998.

barra
Sign my guestbook E-mail View my guestbook
barra
bottoncinoTorna al menù dei racconti varibottoncino
bottoncinoTorna alla pagina principale del settorebottoncino
bottoncinoVisita A l'entrada del tens clarbottoncino
bottoncinoVai al sitemap javabottoncino
bottoncinoTorna alla home e attiva il Dukeboxbottoncino

barra

Il brano in background è A Salty Dog dei Procol Harum.

barra

bottoncino This page was created by Duca Lucifero, © 1999-2005
The wonderful sandset set is made by Dreamcatcher
Fishy applet was found in Mick's Programming Page
The english version is made by Gianpaolo Brignolo.
bottoncino
La traduzione è di Gianpaolo Brignolo

Give Credit Where Credit Is Due - 4.052 bytes Dreamcatcher Sandset Logo What is Copyright - 4.781 bytes
C'è chi può e chi non può...
Don't Link Directly to Someone Else's Server - 5.605 bytes Thous Shalt Honor the Artists, Writers and Creatives of this World

Visitors:
Accessi globali
all'intero web
dal 5 dicembre 1996

E-MAIL MESSENGER
Name:
E-mail:
Messaggio al Duca Lucifero


Spazio Web offerto da