Il Primo Giorno di Primavera

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Keith Parkinson
The Tangle Box


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Era terribilmente tardi, era maledettamente in ritardo e lo sapeva, non che gli importasse qualcosa di presentarsi al lavoro dopo mezzora, non aveva mai dovuto preoccuparsi di tale eventualità, il suo capo sapeva bene che solo un grave impedimento o contrattempo poteva farlo sgarrare dalla regola di puntualità che Riccardo osservava supinamente da anni, quindi non avrebbe di certo fatto obiezioni per il ritardo, anzi ne avrebbe approfittato per fargli recuperare il tempo perduto, anche se esiguo, con svariate ore di straordinario non pagato, ma Riccardo era infastidito assai di più poiché uscire in ritardo voleva dire trovare gli autobus pieni, viaggiare pressato tra la folla ed in piedi, inoltre cominciare male una giornata voleva dire che con molta probabilità sarebbe finita sicuramente in un modo altrettanto sgradevole e questo pensiero lo avrebbe accompagnato e tormentato per tutto il giorno assieme ad un crescente senso di malumore e nervosismo.
Arrivò alla fermata quasi di corsa per accorgersi con stizza che l'autobus era appena passato. Attenderne un altro? Voleva dire aumentare ancora il ritardo, quindi decise di recarsi a tre isolati di distanza, al capolinea di un altro bus che l'avrebbe egualmente portato al lavoro, riducendo di un po' il tempo che altrimenti avrebbe perso nell'attesa. Per giungervi doveva attraversare un piccolo parco che il comune aveva adibito a giardino pubblico, con tanto di giochi ed altalene per i piccoli chiassosi frequentatori. Vi passava di rado, poiché la sua abituale puntualità gli consentiva di prendere sempre il bus alla fermata sotto casa, risparmiandogli una breve corsa faticosa sulla ghiaia scricchiolante e nei momenti liberi lo evitava perché infastidito dal chiasso dei ragazzini che abitualmente lo infestavano, ma ora non poteva mettersi a fare il difficile, così si avviò verso di esso.
C'era un po' di nebbia e faceva fresco, le panchine e le altalene trasparivano indistinte attraverso la filigrana brumosa e umida.
«Oggi inizia la primavera -pensò- Bella giornata, davvero primaverile!».
Giunto a metà intravide il bus arrivare al capolinea, preoccupato di perdere anche quello affrettò il passo, prese una storta e finì rovinosamente in terra.
Rimase senza fiato per il dolore, cercando tastoni gli occhiali, sperando in cuor suo che non si fossero rotti nell'urto.
Non li trovava! Avvertì un brivido gelido per la schiena: senza occhiali era perduto! Prima di ritrovare la strada di casa, prendere l'altro paio di riserva e tornare precipitosamente alla fermata più vicina a casa avrebbe potuto impiegare anche un'ora!
Continuò a cercare con rabbia, carponi, prendendo a schiaffi la ghiaia. Niente! Avrebbe voluto imprecare, prendersi a pugni, ma a che sarebbe servito? Meglio calmarsi e ragionare non potevano essere lontani.,. o no? Era caduto in avanti, quindi potevano essere finiti chissà dove a uno o anche più metri di distanza, trovarli nella nebbia era impossibile.
Si alzò in piedi scrutando con gli occhi miopi il velo di nebbia. Ed ora? Da che parte era venuto? Per cercare gli stramaledetti occhiali si era girato e rigirato... si accorse quasi con orrore di aver perso l'orientamento, avrebbe dovuto procedere a caso fino ai limiti del parco per riconoscere i luoghi e trovare la direzione di casa. Altro che mezzora in più, rischiava davvero di perdere ore di tempo prezioso.
Si senti toccare una spalla, timidamente, si girò quasi di scatto e si trovò di fronte una giovane che gli porgeva i suoi preziosi occhiali.
«Li stavi cercando?»
Li strappò dalle mani di lei e se li calzò furibondo.
«Finalmente! L'avrebbe visto anche un cieco che li stavo cercando».
Si girò di scatto per dirigersi verso l'autobus ancora fermo al capolinea, era davvero fortunato, nonostante tutto, forse poteva ancora prenderlo in tempo. Una lente si era segnata come una bizzarra ragnatela, ma poteva vederci e in ogni caso sarebbe servita come eccellente scusa per il ritardo,.. Però fatti pochi passi si fermò con imbarazzo, diviso tra il desiderio di non perdere altro tempo e la constatazione di essere stato davvero sgarbato poco prima.
Lei era ancora lì, immobile nella nebbia. Così tornò sui suoi passi e si avvicinò a lei.
«Volevo scusarmi, sono stato davvero poco gentile verso di te e non dovevo, senza il tuo prezioso aiuto sarei stato davvero nei guai»
La guardava attraverso il caleidoscopio della sua lente scheggiata.
«Non fa nulla» disse e gli tese la mano amichevolmente. Riccardo un po' a disagio per la sgarberia di poco prima tese la mano ma lei non la prese, rimase in attesa che lui la stringesse!
Riccardo rimase immobile un po' turbato. Allora la ragazza cercò nell'aria la sua mano finché la trovò con un sorriso.
«Ah, eccola...»
Riccardo la fissò con attenzione e stupore.
«Ma come, non mi vedi?»
«Non posso, sono cieca»
«Non capisco, hai trovato i miei occhiali e me li hai resi, come hai fatto allora?»
«Semplice, li ho sentiti cadere vicino a me e mi sono diretta verso di te per restituirteli»
«Ma se non puoi vedermi, come hai fatto a trovarmi?»
«Mi ha guidato il rumore della ghiaia, il rumore che facevi cercandoli, il rumore del tuo respiro, ma soprattutto - rise deliziosamente - le tue colorite imprecazioni... Vedi come è semplice? Anche se gli occhi sono spenti, tanti piccoli rumori sono come fari nelle tenebre.»
Le carezzò la mano «Mi vergogno davvero per il mio scatto di prima, non volevo... non avrei dovuto»
«Non preoccuparti - sorrise di nuovo - non è necessario che ti scusi ancora, non potevi sapere»
«Non è un buon motivo per essere sgarbati verso chi ci porge aiuto. Ma tu come fai ad essere così serena? È terribile non vedere, io non riuscirei mai a rassegnarmi»
«Tu credi? Oggi è il primo giorno di primavera e non c'è bisogno di vedere per rendersene conto, io so che il cielo è sereno, i fiori cominciano già a sbocciare tutt'intorno, le rondini volano in cielo... È davvero necessario vederla la primavera? Io la sento intorno a me».
Riccardo si guardò intorno sgomento, vide la nebbia, i sacchi di immondizia ammonticchiati ovunque sui marciapiedi per il solito sciopero dei netturbini, l'aria sporca carica di smog...
«Lo vedi anche tu vero? -riprese- È primavera e l'aria è ancora fresca e umida, ma c'è già la promessa dei primi tepori. Dimmi, quante sono le rondini in cielo? Di che colore sono i fiori? E le nuvole, le leggiadre nuvole primaverili, che forma hanno oggi? Dimmi...»
A che sarebbe servito dirle che era una pessima giornata? A che sarebbe servito dirle che le rondini erano fuggite il più lontano possibile dalla città e che gli unici fiori che sbocciavano nel parco erano i sacchi squarciati delle immondizie?... La primavera è, deve essere dentro di noi, altrimenti a che servirebbe vivere?
«È tutto come tu hai detto, le rondini sono numerose, volano alte però e non le puoi sentire, ma sono molto più numerose dell'altr'anno, i fiori sono stupendi e le prime farfalle già intrecciano tra i cespugli le loro danze incantate e le nuvole... le nuvole, leggere come trine, disegnano nell'aria tersa bizzarri fiori e buffi volti. - guardò l'orologio e scrollò le spalle mandando mentalmente al diavolo il capoufficio - Vieni ti accompagno alla tua panchina, voglio parlarti un poco, prima di andare al lavoro».
La guidò passo dopo passo, la fece sedere e si accomodò accanto a lei.
«È così importante per te il primo giorno di primavera?»
«Sì - i suoi occhi scintillavano - perché è la vita che ritorna dopo il grigio e triste inverno e ogni anno, fin da quando ero piccina, l'attendo con gioia, uscendo nel suo primo giorno al mattino, al sorgere del sole, per coglierne i primi tepori e per cercare nel mio animo il riflesso del risveglio della natura. Non accade così anche a te? Vai al lavoro, è vero, ma non è forse per questo motivo che proprio oggi hai voluto passare attraverso il parco, per godere anche tu dello spettacolo incantato dei primi fiori?»
No, non era per questo motivo che aveva attraversato il parco, non c'erano fiori da vedere lì, il risveglio della primavera?... Quale primavera? Eppure proprio quel giorno era in ritardo, proprio quel giorno era passato attraverso il parco e non a caso un banale incidente lo aveva costretto a fermarsi, a dimenticare l'ufficio e la banalità della vita quotidiana...
Solo per caso? No, non poteva essere solo uno strano e fortuito susseguirsi di coincidenze, c'era un disegno imperscrutabile dietro tutto questo, come se una driade degli alberi lo avesse fermato un po' rovinosamente per recargli in dono una persona tanto speciale e cancellare via da lui il grigiore della sua vita... anche se era davvero tutto casuale, era bello credere almeno una volta ad un sogno strano ed irreale, bello come un'antica fiaba.
«Si, forse proprio per questo ho attraversato il parco oggi, per vedere i primi fiori, anche a rischio di arrivare tardi al lavoro, ma l'aver visto l'autobus in partenza dal capolinea mi ha distolto da quest'ebbrezza e per affrettarmi sono scivolato perdendo gli occhiali...»
Non era vero, e lo sapeva bene, ma qualcosa in cuor suo gli fece comprendere che queste erano le parole giuste, la ingannava? Forse sì, ma perché dirle la verità? Perché spezzare l'incanto che per qualche incomprensibile motivo si era creato?
«Mi piacerebbe cogliere dei fiori, da portare con me a casa, puoi aiutarmi?»
Sorrideva enigmaticamente e lui rabbrividì, dove trovarli? Si girò intorno con ansia, ma non c'erano...
«Vado io a coglierli, aspettami solo pochi istanti»
Corse verso un fioraio ai margini del parco, allungò una banconota e prese un mazzo di primule e ranuncoli e tornò indietro a portarli a lei che attendeva.
«Tieni, ho colto i più belli».
Riccardo attese, sperando che lei non si fosse accorta del suo piccolo sotterfugio. Lei li prese accostandoli al viso, annusandoli, sfiorandone i petali con le dita delicate.
«Grazie, la primavera, sai, è dentro di noi, anche quando fuori è solo bruma, ora anche tu puoi sentire in cuore il suo canto antico, forse è sempre primavera basta volerla vedere e sentire dentro di noi».
«Tu sapevi? - era turbato - Io non volevo ingannarti, io... come posso spiegare?»
«Non c'è nulla da spiegare, se tu vuoi le rondini volano davvero in cielo...»
Riccardo guardò in alto, sì, forse oltre la cortina di nebbia le rondini garrivano gaiamente, sì, le sentiva, le vedeva oltre gli anni dimenticati, esse erano dentro di lui, dolce ricordo di lontane primavere...
«Se tu vuoi - lei riprese - puoi vedere le siepi e le farfalle sui fiori appena sbocciati...»
Era vero, attraverso il velo impalpabile di bruma i sacchi di immondizie pieni di rifiuti colorati diventavano siepi multicolori e le cartacce sollevate dal vento erano come un minuetto di farfalle nell'aria...
«Se tu vuoi... È primavera»
Era primavera, dovunque lui guardasse, il parco rionale si trasfigurava in un giardino incantato attraverso il bizzarro caleidoscopio dalla sua lente scheggiata e anche lei si trasfigurava in una driade dei giardini... era così facile! Possibile che in tutti quegli anni passati a svolgere un lavoro idiota avesse dimenticato di sognare?
«Hai ragione, è tornata la primavera»
Socchiuse gli occhi dimenticando il mondo, sentendo schiudersi dentro se sentimenti dimenticati, le prese una mano e la guardò con affetto.
«Ora devo andare, forse riuscirò a non arrivare troppo tardi in ufficio, ma vorrei vederti ancora, vorrei parlarti, esserti ancora vicino per imparare di nuovo a sognare, devo andare ma non riesco a decidermi, temo di non rivederti più e non vorrei perderti...»
«Non temere mi vedrai ancora, parleremo assieme ogni volta che vorrai, al mattino ti attenderò qui, passeggeremo assieme e t'insegnerò di nuovo a sognare»
Gli diede un bacio lieve e rimase in silenzio mentre lui si allontanava verso l'autobus che inspiegabilmente ancora fermo al capolinea attendeva il suo arrivo. Non era ancora partito, forse davvero lo aspettava o forse qualcuno aveva fermato il tempo attorno a loro.
Si voltò ancora una volta verso di lei, indistinta nella bruma.
«Il tuo nome, non mi hai detto come ti chiami!»
E attraverso la nebbia la sua voce giunse a lui come un canto antico.
«Vera...»
«Vera» ripetè lui sussurrando «domani sarò di nuovo qui, e anche dopodomani ed il giorno dopo e l'altro ancora... sempre! Non posso perderti proprio ora».
Salì sull'autobus che partì istantaneamente, mentre lui ancora una volta guardava verso la nebbia che da qualche parte la celava, sorridente e serena come una creatura sbocciata da un sogno.
Guardò gli altri passeggeri, il loro sguardo spento e tetro e dentro di se rise del loro muto grigiore.
«Forse - pensò - nemmeno sanno che oggi è il primo giorno di primavera, la recano in loro ma non possono più udirla».
Provò compassione per loro, per tutti coloro che lo circondavano e sorrise perché lui, ora lo sapeva, non era più solo, ora vi era chi avrebbe atteso il suo ritorno.
Pian piano gli tornarono alle labbra le parole di una vecchia canzone dimenticata e lui le assaporò ad una ad una, mentre l'autobus si andava pian piano riempiendo di gente ad ogni nuova fermata.

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Questo racconto è stato scritto tra il 21 ed il 22 marzo 1979. Non sempre le mie storie sono legate al ciclo narrativo principale, accade di rado, ma accade... L'immagine di apertura credo sia la più adatta possibile, sembra davvero uno spirito dei boschi che guida la fanciulla cieca verso il personaggio del racconto. Avrei potuto scrivere un racconto proprio su questa bellissima immagine ma anche l'accostamento a questa vecchia storia è molto appropriato come il brano musicale di sottofondo del bravo Battisti scomparso qualche tempo fa.


Se il mio racconto ti è piaciuto e mi vuoi dire cosa ne pensi puoi sempre raggiungermi con e-mail o dirmelo nel guestbook... anche se non rispondo subito, basta aver pazienza, leggo ogni giorno la corrispondenza e prima o poi rispondo...
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Il brano in background è I Giardini di Marzo di Lucio Battisti.


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La traduzione è di Gianpaolo Brignolo

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