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Al sopraggiungere dell'inverno, quando le giornate si accorciano, sento lo struggente desiderio di passeggiare per le strade brumose, seguendo gli itinerari compiuti tanti anni prima, quando mi recavo in casa di amici a parlare del più e del meno o ad ascoltare buona musica, spiando soffici nuvole di fumo ondeggiare, smosse dalle nostre parole. In quegli anni frequentavo un circolo parrocchiale, dove la chiesa era rappresentata solo da un locale messo a nostra disposizione ma per il resto eravamo liberi di parlare o fare ciò che più desideravamo, senza controlli, senza limitazioni... così acquistammo anche due scacchiere, per ricostruire le partite giocate dai campioni del momento e commentarle tra noi, o giocare a coppie, due contro due, una mossa a testa: era un gioco tutto nostro e spesso il proprio partner, ignorando cosa si volesse ottenere con una certa mossa, ti smontava tutto il gioco, costringendoti in modo affannoso a salvare il salvabile... Sì, il divertimento maggiore, forse, non era battere la coppia avversaria, ma piuttosto rimediare alle corbellerie del proprio compagno di gioco; ne venivano fuori partite incredibili, in cui le donne in presa si sprecavano e catastrofici doppi di cavallo fioccavano ed imperversavano come la pioggia invernale nelle strade quasi deserte. Della nostra comitiva giovanile e spensierata faceva parte anche una ragazza, esile e bionda, cui pazientemente avevo insegnato il bizzarro movimento del cavallo ed il tumultuoso incedere della torre e gli altri nascosti segreti della scacchiera. Giocavo sempre in coppia con lei e regolarmente le nostre partite si concludevano con la più assoluta ed iniqua disfatta, pure, erano le partite più divertenti che avessi giocato. Ricordo quando con trepidante attesa spiavo la sua mossa, dicendo tra me e me: "Vedrà di certo il doppio, non può non vederlo!". Lei osservava pensierosa la scacchiera, mordendosi le labbra, poi sorridente, e ignorando del tutto la minaccia nemica, spingeva un pedone. "Tornerà utile in seguito!". Ahimè, con tragicomica disperazione, osservavo l'implacabile avversario avventare trionfante il cavallo sulle nostre sguarnite retrovie... "È solo un gioco" rideva lei, mentre io contemplavo lo scempio progredire ad ogni mossa, inarrestabile come la marea. "Abbiamo perso, abbandoniamo."... Partita dopo partita la osservavo quasi di nascosto, volevo dirle... volevo dirle tante cose, ma rimandavo sempre ad altri giorni, ad altri momenti, contentandomi della sua presenza e non chiedendo altro. Passò l'inverno, la primavera, venne l'estate e lei partì per le vacanze, l'attesi in quell'autunno di tanti anni fa, ma lei non tornò più... un incidente, dissero, ma non seppi altro. Diradai le mie visite al circolo, finchè persi i contatti con gli amici di quegli anni quando traslocai in un altro quartiere. Ne passarono molti di anni e da qualche tempo sono tornato nel vecchio quartiere: non c'è un vero motivo se ho scelto di tornare ad abitare lì, da solo, forse è perchè sentivo che qualcosa mi riportava nei luoghi conosciuti e che non avrei mai dovuto abbandonare. Così ho ripreso, al sopraggiungere della sera, a riattraversare passeggiando quelle strade così piene di ricordi. L'altra sera, in casa, sistemando un cassetto pieno di cianfrusaglie, ho ritrovato una chiave arrugginita, sono rimasto per lunghi minuti a guardare smarrito nel vuoto, poi ho preso il cappotto e sono uscito sotto la pioggia battente, per tornare dopo tanti anni al circolo che avevo dimenticato. La chiesa era vuota, solo il sacrestano attraversava con passo stanco la navata, spolverando le panche e spegnendo i moccoli che si disfacevano in morbide pozze di cera. "C'è ancora il circolo?..." esordii salutandolo e scusandomi per il disturbo; scosse la testa e riprese la monotona occupazione, così mi congedai e mi diressi verso il corridoio che ben conoscevo, ritrovando ad ogni passo il profumo degli anni svaniti; mi fermai davanti alla porta sbarrata in fondo al corridoio. "Era qui" sussurrai a me stesso, mentre abbassavo la maniglia. Chiusa! Presi la chiave ed aprii la porta scrutando nella penombra. Cumuli di sedie rotte, vecchi libri, oggetti dimenticati da anni, null'altro. Vidi un tavolino ingombro di fogli e di riviste spaginate, lo liberai guardandolo con malinconia: il tavolino delle nostre partite... "Forse - pensai - da qualche parte c'è ancora...", cercai nell'armadio e, in fondo, trovai una scatola di scacchi tutta impolverata e una scacchiera di cartone. Le presi, pulendone via la polvere, e rapidamente ricostruii sul tavolino lo schieramento dei pezzi, come per giocare un'immaginaria partita. "Manca la donna bianca" borbottai con disappunto nel guardare lo schieramento incompleto, poi mi accorsi con stupore di non essere più solo, qualcuno era entrato alle mie spalle e mi fissava in silenzio. Mi girai pronto a scusarmi, certo di trovarmi davanti il sacrestano, ma rimasi senza parole per interminabili minuti, poi sussurrai: "Tu". Era davanti a me, sorrideva come allora, erano passati gli anni, ma non per lei, le presi una mano, dolcemente. "Mi avevano parlato di un incidente, sono passati tanti anni, dove sei stata, perchè non sei più tornata quell'autunno? Ti ho aspettata tanto..." Il suo sguardo era pieno di scintillanti pagliuzze dorate, come allora, come tanti anni prima ne subivo il suo irresistibile fascino, scrutando dentro di lei, sentendo gli anni scivolare via ad uno ad uno. "C'era qualcosa che volevo dirti allora, ma non ho mai trovato la forza di farlo, ho rimandato sempre, per giorni, settimane, mesi, ma al tuo ritorno, ne ero certo, te l'avrei detto... - sentii la sua carezza vellutata sulla mia mano - sai, io non ti ho mai dimenticata, come avrei potuto? Io... ecco non trovo più le parole, ma tu mi capisci vero? - sorrise. - Ricordi quelle nostre partite? Volevo sempre giocare assieme a te, perdevamo sempre, ma non me la prendevo, non era il gioco che mi interessava allora... eri tu...". Socchiusi gli occhi richiamando quelle immagini così lontane, poi ripresi... "Io credo di averti sempre... amata!". Dio mio, poter tornare indietro, poter dire allora quello che ero riuscito a dirle adesso, forse molto diversa sarebbe stata la mia vita, nemmeno io riuscivo ad immaginare quanto... "Ma tu... mi amavi?". Aspettai il suono della sua voce, che da qualche parte vibrava ancora nei miei ricordi; la pioggia battente sui vetri della finestra era come quella di allora, sembrava che il tempo si fosse fermato, per scorrere all'indietro, per riportarmi la giovinezza fuggita. La guardai attentamente, poi lei si fece avanti e posò semplicemente le sue labbra sulle mie, in un bacio, che era molto di più di qualsiasi risposta. Socchiusi gli occhi, perdendomi nella dolcezza di un momento atteso troppo a lungo. "L'ho ritrovata - pensai - gli anni ci hanno separato invano, l'ho ritrovata...". Sentii la pressione delle sue labbra svanire a poco a poco, allora aprii gli occhi per guardarla, per chiederle di venire con me. Nulla. La stanza era vuota, piena di polvere, su cui spiccavano nette solo le mie impronte. La chiamai, ma solo l'eco rispose al mio richiamo. Guardai in terra, là dove lei era fino a pochi istanti prima e, nella polvere, vidi qualcosa... Mi chinai e raccolsi il piccolo oggetto. Era uno scacco, una donna bianca, su cui spiccavano ancora i nostri due nomi, che io stesso vi avevo inciso tanti anni prima...
Nel caro ricordo di Vanessa, morta tanti e tanti anni fa di leucemia, nella speranza che la sua tenera anima pellegrina possa in un'altra vita alleviare il dolore che per anni ha accompagnato la mia vuota esistenza. Sono passati ventuno anni da quando ho scritto questo racconto e ben trentatre dalla morte di Vanessa... tanti anni, forse troppi, eppure certi ricordi rimangono vividi nella memoria come se fossero passati solo pochi giorni. Nei lunghi anni vissuti senza di lei troppe volte ho creduto di ritrovarla in alcune estranee che, sapendo di questo mio tenero ricordo, si sono spacciate per lei rediviva, ma tra un diamante e un fondo di bottiglia vi è una differenza incolmabile... di sicuro se avessi avuto lei accanto oggi non vivrei nella miseria e nell'invalidità, ben diversa sarebbe stata la mia vita e ben altri traguardi io avrei raggiunto... La bellissima immagine di apertura l'ho scelta perchè mi ricorda Vanessa, come a volte ancora la rivedo nei miei sogni. |
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Il brano in background è Love Dream di Tom Kristoffersen, uno straordinario musicista
che ha realizzato i midi più carichi di atmosfera che abbia mai trovato sul net.
Il brano è qui riportato con il permesso dell'autore.
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La gif animata della bottiglia è una creazione di Art Holden della Eclipse Digital.
Il piccolo pulsante fiammeggiante è invece di Steve Bennett.
Le icone e barre con le rose sono di uno sconosciuto artista del net.
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