Il Sentiero del Fiore di Pesco
(Frammento di Anonimo, liberamente tradotto dal Farsi)

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Boris Vallejo
The King's Daughter


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Una luna fa mi trovavo presso le rovine di un antico tempio pagano, assieme ad Umar al Mhuttashym, parlavamo della caducità delle opere unane e dell'inutilità dell'arte.
«È vero - annuì - nulla resiste all'abbraccio del tempo e tutto ciò che l'uomo crea già reca in se le uova del declino e dell'oblio. Questo tempio è stato eretto moltissimi anni or sono, ed ora nessuno può più dire quale falso dio vi ricevesse omaggio, delle sculture e dei bassorilievi restano solo pochi frammenti erosi dal vento e dalle sabbie e tra altrettanti anni neanche questi resti affioreranno dalle sabbie e del tempio stesso anche il più vago ricordo si sarà dissolto eppure questo tempio ha un suo scopo, forse ignoto all'artista che l'ha eretto, se queste pietre potessero parlare forse direbbero noi fummo erette affinchè nel momento del declino due poeti potessero riposarvi accanto per parlare della caducità dell'arte, leggendo nelle nostre pietre corrose il segno che nulla di ciò che è umano resiste al tempo, se l'opera umana si concentra solo sulla pietra essa è solo un segno tracciato sulla polvere e null'altro, poichè la pietra è polvere e di tornare polvere è il suo destino.»
Raccolsi un ciottolo che ancora recava tracce di smalto e lo mostrai ad Umar.
«Allora perchè creare, produrre opere nella vana speranza di sconfiggere il tempo se esse già recano in se il germe della morte, a che serve dunque essere artisti?»
«L'artista che incide sulla pietra il suo messaggio lo affida alla polvere, non così il poeta o il filosofo, poichè il loro messaggio germina in altre menti e si riperpetua col trascorrere del tempo, la carta è più fragile della pietra, il calamo più leggero dello scalpello, l'inchiostro più labile dello smalto, ma la parola o il pensiero che fissano cavalcano gli anni impetuosi e se pure l'artista è dimenticato, quei pensieri riappaiono riportati da altri poeti che in essi ritrovano se stessi. Il pensiero e la parola viaggiano per il mondo, come polline recato dal vento producono altre piante ed altri fiori, ma questa scultura è immobile e non può deliziare che pochi pellegrini che a malapena descrivere sanno ciò che i loro occhi hanno veduto. Guarda questa pietra, essa durerà mill'anni e poi sarà polvere, guarda questa pianta, vivrà forse dieci o cent'anni e poi anche essa sarà polvere, eppure da questa pianta nasceranno altre piante chissà dove, non è la stessa, dirai, è vero, ma in quelle altre piante tramanderà se stessa, la sua essenza, sfidando il tempo più potente della pietra. Così è l'arte: l'arte che vuole sfidare il tempo e cerca per sostegno una pietra o un nobile metallo è solo pietra e null'altro, ma la poesia o la filosofia è la pianta, più effimera forse, ma non sterile, essa dopo millenni darà ancora frutti, anche se la pianta madre è stata ormai negletta. Affida dunque alla fragile carta i tuoi pensieri, Abd, e non cedere alla lusinga della pietra, il tuo nome forse sarà dimenticato, forse le tue parole col tempo cambieranno, potresti dire che questo pesco assomiglia al suo antenato? Ma ciò che conta è che esso è qui e sazia i nostri corpi, così le tue parole, anche mutate, sazieranno un domani altre anime, riperpetuandosi su altri papiri ed altre pergamene, trascritte con amore da uomini che mai vedrai e loro stessi pur ignorando il tuo nome, si smarriranno in quei pensieri ritrovando in essi la loro stessa anima. La scelta è facile, Abd, tu sei valente artista e dolce sognatore, se vuoi che il tuo nome sia ricordato per mille anni, scegli la pietra e popola le sue fibre di immagini scolpite, imprimi il tuo nome, ma tra mill'anni esso sarà polvere come le immagini del mondo che hai sognato, se invece vuoi che siano i tuoi pensieri, i tuoi sogni e la tua poesia a vivere, dimentica la pietra e affida alla carta la tua anima, ma non illuderti, il tuo nome presto sarà storpiato e poi dimenticato, altri faranno loro i tuoi pensieri, le tue massime, le tue visioni, ma esse vivranno finchè l'uomo sarà su questo mondo, esse cavalcheranno gli anni, perchè saranno impresse su qualcosa che non avrà mai fine, l'animo umano, ed il vento della notte le recherà fino alle stelle che fredde osservano i nostri giorni, le nuvole le recheranno a spasso per il cielo, i sogni le ridesteranno nell'animo dei puri, esse vivranno sempre ed in loro, dimenticato, vivrà un pò di te che le hai seminate nell'animo dell'uomo.».

Una luna è trascorsa e ieri ho appreso che Umar si è spento nel sonno, in quel sonno in cui aveva riposto la stessa vita sua, a lui dedico quindi tutti i miei pensieri ed i ricordi che serbo delle sue parole, oh sì, la pergamena è fragile, ma come il fiore del pesco invia il suo polline oltre le montagne, anche questa germinerà nel tempo e nello spazio e poco importa se il nome mio un giorno sarà dimenticato.
Sono tornato proprio oggi sul sentiero del fiore di pesco, l'albero non c'è più, un fulmine lo ha incenerito, ma intorno alle rovine vi sono altri alberi e altri ne ho scorti nella vallata. Così sento che le mie parole vivranno, anche se anch'io presto sarò polvere, come quell'albero alla cui ombra io ed Umar abbiamo tante volte conversato.

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Scritto il 12 aprile 1981, più che un racconto è una meditazione sulla caducità delle opere dell'uomo.
A distanza di tempo ho ritrovato nel testo sufi Il Giardino dei Fiori Odorosi di 'Abdallàh Al-Yafi'i, mistico yemenita vissuto tra il 1300 ed il 1367, analoghe atmosfere in alcune parabole etiche che molto si avvicinano a questo brano.
Nella finzione narrativa immagino che il brano sia la traduzione dal farsi di un frammento di un testo persiano immaginario scritto nel medioevo.

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Il brano in background è Afer Ventus di Enya, seq. David Fuess.

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La traduzione è di Gianpaolo Brignolo

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