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Molte sono le strane leggende che si narrano nella Terra dei Sogni, durante le mie interminabili peregrinazioni ne ho ascoltate molte ed in qualche caso ho anche visitato i luoghi che le hanno ispirate.
Le terre del sogno sono vaste ed inesplorate, io stesso che vago in esse sin dalla mia infanzia ho visto solo una piccola parte di questo sterminato mondo, ho ritrovato in esso i luoghi sognati dagli scrittori a me cari, ma anche sentieri per contrade sconosciute ed altrettanto ricche di meraviglie.
Qui ogni cosa è possibile, la natura ha leggi diverse e forse il mondo diurno è esso stesso solo un sogno e pallida eco di questo mondo che non ha fine.
Lungo le sponde del fiume Sharane sorge la Città d'Ambra dei ciechi cantori, lì il Gran Maestro della Gilda, nel corso di una lunga e dolce serata allietata da antichi canti e dal dolce vino speziato dal colore smeraldo mi narrò la storia di Darina e del Tempio della Luna, di come liberò l'astro che ancora illumina le notti e del motivo per cui tutti i cantori sono ciechi.
È una storia molto molto antica, risale a quando improvvisamente le notti divennero buie perché qualcuno rapì la luna nel cielo e la imprigionò in un grande tempio sospeso nel cielo.
In quel tempo gli uomini al calar della sera si nascondevano tremanti nelle case e non vi erano risa e giochi d'amore, ma solo livido terrore per le ombre informi che si aggiravano gemendo nel mondo.
Si sussurrava che una setta di stregoni dal volto coperto da una maschera di raso verde avesse compiuto il gesto al solo scopo di scatenare nel mondo dei sogni al calar delle tenebre tutti i più spaventosi incubi sognati sulla terra e che lì prendevano corpo e sostanza terrorizzando le popolazioni e sterminando intere città.
Kalidon nell'emisfero australe venne cancellata in una sola notte, al posto della città dai mille minareti intarsiati di lapislazzuli ora vi era solo un'orma gigantesca che metteva terrore nel cuore degli uomini.
Ad Uma si conservava un'unghia perduta da un'altra terrificante creatura che con una zampata aveva asportato un'intera montagna solo per annientare una pacifica città costiera. E quest'unghia era immensa, lunga come gli alberi di Arah che come tutti sanno sono i più alti esistenti, affilata come un rasoio, pesante come il leviatano dei mari australi, e questa la diceva lunga sulle dimensioni del mostro che l'aveva perduta.
In questo clima di terrore qualcuno sussurrò di aver visto in sogno, in una valle lontana, l'enorme zolla di terra su cui era stato edificato dai demoni il tempio che imprigionava la luna, di giorno infatti quest'isola tenuta in cielo con la forza della magia si posava nella valle inaccessibile affinché gli stregoni potessero concedersi ore di sonno, poi al primo calare delle tenebre questi si destavano ed il tempio si sollevava alto nel cielo vagando sulle terre del mondo del sogno.
Durante questo volo dall'isola sospesa tra le nubi più alte cadeva una continua pioggia dai riflessi d'argento, erano le lacrime della luna che implorava di esser liberata da quella tremenda prigionia.
Ma gli stregoni erano insensibili al dolore dell'astro gemente, troppo occupati a guidare gli incubi nella devastazione delle più belle città della terra dei sogni.
Una dopo l'altra scomparvero città antiche e ricche di tesori di inestimabile valore, una dopo l'altra sparivano intere popolazioni, in un colpo solo vennero cancellate le Isole di Corallo con i loro fiabeschi castelli edificati nel corso dei millenni dai tritoni, in una sola notte la città monte di Hofal fu trasformata in un morto cratere... e su tutte queste rovine la luna ogni notte piangeva le sue amare lacrime.
Nella cittą dei cantori non risuonavano più i dolci canti dei bardi, né gli aedi accompagnavano con la cetra a sei corde le ballate della foresta di Foon, ma tutti tacevano in silenzio attendendo la fine.
Darina era una fanciulla con gli occhi color del cielo d'autunno, con morbidi capelli color rame che le ricadevano sulle spalle come un morbido manto, giovane e desiderosa di vivere ed amare non accettava di passare le notti nel terrore, così prese la cetra e si mise in cammino verso la valle lontana dove durante il giorno planava l'immensa isola su cui la luna veniva tenuta prigioniera.
Viaggiò per lunghi anni, senza mai cedere allo sconforto, alla sera riposava di volta in volta in un villaggio o una città dove sempre veniva accolta con letizia e speranza, tutti sapevano ciò che lei si proponeva di fare e pur non credendo al successo del suo tentativo pur nondimeno avevano fiducia in lei. In quelle notti buie lei sedeva accanto al focolare e cantava per i suoi ospiti e nella sua voce risuonava l'eco dolce di altre notti illuminate dalla luna ora prigioniera, risuonava il ricordo delle feste di un tempo, quando gli innamorati coronati di ibisco si scambiavano promesse d'amore con la luna come testimone. Nella sua voce vibrava l'eco delle maree, il guizzo dei delfini ed il mormorio lieve dei ruscelli montani che scorrevano nelle valli.
Lei non accettava di vivere nel terrore sino ad una notte in cui ogni sogno sarebbe stato stroncato da un incubo evocato dai malvagi stregoni, lei voleva lottare e la sua voce ridestava il coraggio scomparso dal cuore degli uomini.
Nella foresta di Foon fu accolta con gioia dagli unicorni alati ed anzi il capo di questi le offrì suo figlio affinché lei potesse percorrere più rapidamente il lungo cammino che ancora la separava dalla valle proibita.
Il tempo passava ed ogni notte nuovi terrori devastavano la terra dei sogni e ad ogni alba Darina scopriva con dolore di esser tanto tanto lontana dalla sua meta.
La sua giovinezza a poco a poco svaniva e nuove rughe segnavano ad ogni nuova alba il suo bel volto, una ruga per ogni cittą scomparsa, una ruga per ogni popolo estinto, una ruga per ogni nuovo incubo scagliato nel mondo dei sogni dalla perfida malvagità dei negromanti dal volto celato da una maschera di raso verde.
Darina invecchiava ma nel suo cuore vibravano sempre i dolci canti della speranza, nonostante che i suoi capelli di bronzo ramato a poco a poco si trasformassero in un argenteo manto, i suoi occhi serbavano la fiera ed indomita volontà di liberare la luna prigioniera.
Un giorno l'unicorno alato che da tanti anni l'accompagnava nel suo interminabile viaggio non ebbe più la forza di levarsi in volo, lei non si perse d'animo, prese commiato da lui con dolci parole e poi si incamminò a piedi, come un tempo, verso la sua meta lontana.
Attraversò foreste e sterminati deserti, valicò montagne innevate e valli bruciate, patì il gelo ed il caldo rovente, sempre stringendo i denti con indomito coraggio.
Barriere inaccessibili e tremendi baratri le sbarrarono più volte il passo, a volte costringendola a lunghe deviazioni, allontanandola un pò più dalla sua sfuggente destinazione.
Attraversò burroni su ponti di corde che ondeggiavano pericolosamente in preda a violente raffiche di vento e lei aggrappata ad esse con la forza della disperazione andò avanti, cercando di non guardar giù per non perdersi d'animo.
Attraversò a guado fiumi ribollenti di orrendi pesci carnivori non cedendo all'atroce dolore dei morsi, mentre l'acqua si arrossava del suo sangue.
Una sera raggiunse una sterminata città in rovina di cui restavano in piedi solo migliaia di snelle colonne, non aveva trovato nei dintorni un casolare in cui avere ospitalità per la notte e si rassegnò a trascorrere la notte all'addiaccio alla luce guizzante di un fuoco da campo.
Al mattino, al risveglio, si accorse con stupore di essere osservata, vicino a lei stava accovacciato un leone alato, la guardava con mitezza nonostante l'aspetto feroce, la bestia aveva il pelame e le ali candidi mentre la folta criniera era di un gradevole azzurro cielo, aveva sentito parlare di loro, un tempo quando la città non era in rovina, prima dell'avvento degli incubi, fungevano da messaggeri tra le città della regione, mansueti ed intelligenti, amavano gli esseri umani e ne avevano condiviso la sorte. L'esemplare di fronte a lei era forse uno degli ultimi della sua specie e forse in ossequio ad una lunga abitudine attendeva dall'umano di conoscere il suo itinerario per portare dopo tanto tempo un messaggio.
«Non ci sono messaggi, non ci sono più città nei dintorni, solo rovine.»
Darina gli carezzò la criniera con gesto stanco facendogli cenno che doveva riprendere il cammino e che con gran dolore non poteva trattenersi con lui.
Il leone alato allora si accovacciò davanti a lei invitandola a salire sulla sua groppa.
Darina rimase sgomenta, mai un animale del genere aveva consentito di esser cavalcato come un unicorno o un grifone o un pegaso eppure era questo che la mite bestia le stava chiedendo di fare.
Lei non sapeva quanto cammino dovesse ancora percorrere per raggiungere la valle proibita ma di certo l'aiuto dell'animale poteva esser determinante, pur esitando si accomodò sulla groppa e lui dopo una breve rincorsa, sotto la possente spinta delle ali candide si levò in volo.
Michael Whelan Delirium's Mistress |
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Il leone volò altissimo, la sua robusta muscolatura gli consentiva di raggiungere grandi altezze e di procedere con una celerità mai raggiunta dall'unicorno.
Facevano sosta al tramonto ed al primo mattino il leone riprendeva il volo senza mai dare segni di stanchezza.
A Darina era stato sufficiente indicare la direzione e dopo di allora non aveva più dovuto preoccuparsi, la bestia con il suo prodigioso senso di orientamento procedeva con volo sicuro nella stessa direzione giorno dopo giorno.
Cinque anni volarono assieme ed un giorno dall'alto Darina vide una grande valle nascosta tra i monti al centro della quale si ergeva un tempio colossale dalle cui colonne filtrava una luce argentea inequivocabile.
Sentì gli occhi riempirsi di lacrime, il lungo viaggio era giunto al termine, ora doveva rompere l'incantesimo che teneva la luna prigioniera dentro il tempio.
Indicò al leone la vallata e lui con volo sicuro superò le montagne invalicabili per qualsiasi viaggiatore appiedato e troppo alte per la forza di un leggiadro unicorno e discese nella valle dove senza posa scorrevano le lacrime della luna.
Lei senza esitare si diresse verso la scalinata del tempio un pò turbata per l'inattesa piccola dimensione dell'astro notturno rapito al cielo molti anni prima, nonostante le titaniche dimensioni del tempio esso era pur tuttavia insolitamente piccolo per contenere un intero pianeta, temette di essersi sbagliata ma le lacrime che copiose scorrevano e che lei a fatica attraversava a guado la convinsero che nonostante tutto quella era la sua destinazione.
Giunta davanti alla luna non sapeva che fare, nella immensa sala vi era una miriade di giacigli dove i negromanti dormienti cercavano nuovi incubi nei sogni degli uomini per scagliarli sul tormentato mondo di Darina.
Le loro maschere di raso verde vibravano appena, nascondendo le loro fattezze agli occhi della donna, lei d'istinto prese la cetra a sei corde e nonostante che fosse tanto invecchiata nel lungo viaggio la sua voce di cristallo era ferma e melodiosa come ai tempi della sua giovinezza.
Cantò della dolcezza delle valli baciate dalla luce argentea, delle feste attorno ai fuochi estivi, delle promesse d'amore, delle dolci maree in cui guizzavano i delfini, cantò con voce ferma e soave e la luna ascoltò.
A poco a poco il canto di Darina ruppe l'incantesimo e la luna cessò di piangere.
La donna cantava con l'anima nella voce, incurante dell'ira dei negromanti che destati dal canto si avvicinavano a lei con odio e furore, non cessò il suo canto nemmeno quando la accecarono estirpandole gli occhi con le unghie aguzze, tacque solo quando le trafissero il cuore.
Ma l'incantesimo era rotto e per sempre.
La luna crebbe di dimensioni, gonfiandosi sempre più mentre il tempio crollava sopra quei negromanti che non furono tanto lesti da abbandonarlo in tempo.
Una volta riacquistate le dimensioni originarie la luna riprese il suo posto nel cielo scacciando gli incubi evocati dai maghi con la sua luce argentea e la terra dei sogni tornò a vivere, riacquistando la perduta serenità, grazie al sacrificio di Darina che aveva toccato il cuore della luna col suo canto annullando il malvagio sortilegio che la teneva schiava nel tempio volante.
I negromanti schiumando di rabbia per la loro sconfitta maledissero la Città d'Ambra dei cantori, incapaci di riportare nel mondo gli incubi e le tenebre ora che la luce della luna li dissipava al loro apparire, condannarono alle tenebre perpetue tutti i cantori della Città d'Ambra...
Per questo motivo la Città d'Ambra è una città di ciechi, ma la loro cecità è il prezzo pagato con coraggio per tenere gli incubi degli uomini per sempre lontani dalla terra dei sogni.
Il 27 giugno 2000 scrissi questo singolare racconto che inaugura una serie dedicata alle Leggende dalla Terra dei Sogni.
Scritto come una favola, esalta il coraggio e l'abnegazione e ancora una volta una figura di donna è protagonista di un mio scritto.
Altra nota curiosa, questo racconto è stato ispirato da ben due immagini di differente autore, Gilbert Williams e Michael Whelan, ed il risultato è un racconto abbastanza buono nonostante che l'abbia scritto in poche ore.
A questo punto si trattava di trovare nuove idee per proseguire nel ciclo, due le ho trovate: Il Pozzo delle Anime e La Valle delle Ombre, altre spero seguiranno presto.
Per il ciclo ho scelto il magnifico set Rococò di Moyra e per il racconto la bellissima Moon River, colonna sonora di Colazione da Tiffany. | |