Finvarra
(pubblicato su Due Alfieri n. 12 di Maggio Giugno 1980)



Tim Hildebrandt, 42.674 bytes

Tim Hildebrandt
Old Man Willow


"Figliolo, datemi retta, quello non è un buon posto per attendarsi - il vecchio rugoso irlandese appariva preoccupato, mentre osservava lo straniero intento a rizzare la tenda ai piedi della collina - venite in paese, sarò lieto di darvi io stesso ospitalità per la notte, ma venite via da questo posto, vi si narrano strane storie... noi vecchi sappiamo che questa è una collina delle fate e che lo stesso Finvarra della gente Daoine Siddhe vi tiene da innumerevoli anni la sua corte di elfi. Ascoltatemi vi prego, dormire ai piedi di questa collina può essere molto, molto imprudente".
Alberto interruppe la sua occupazione e guardò con un sorriso impertinente il vecchio trepidante.
"Vi ringrazio per la vostra ospitalità, ma io non sono superstizioso. Il posto mi piace e domani voglio alzarmi all'alba per dipingere il paesaggio. Comunque non preoccupatevi, terrò gli occhi aperti, anche se non credo che questo Finvarra possa risentirsi per la mia intrusione".
Il vecchio scosse la testa: "Siete testardo, purtroppo, allora ascoltatemi, ho visto nella vostra macchina una scacchiera, voi giocate a scacchi vero?".
"Sì, non sono un forte giocatore, ma me la cavo benino... Perché?"
"Allora vi do un consiglio, non mostrate la scacchiera alla collina, altrimenti Finvarra potrebbe invitarvi a giocare, lui è molto abile! Nascondetela e se nella notte vedete le luci delle fate, ignoratele e forse domani sarete ancora qui".
Il vecchio se ne ritornò al villaggio ed Alberto dopo averlo seguito con lo sguardo, sorrise e finì di sistemare l'accampamento.
Alle sette di sera aveva finito e dopo un rapido spuntino, tolse le stoviglie dal tavolino da picnic, lo ripulè degli avanzi e vi pose la scacchiera assieme all'ultimo numero di una rivista di problemi che si era portato appresso per ingannare il tempo.
Il vecchio lo aveva implorato di non mostrare la scacchiera alla collina ed egli quasi per sfida rimase alzato fino a tardi a risolvere problemi e studi.
Circa alle 10 di sera guardò verso la collina ed indicò la scacchiera con una risata di scherno.
"Dì, Finvarra, te la senti di fare un paio di partite?"
Attese per qualche istante, poi alzò le spalle e cominciò a riporre i pezzi.
"Superstizioni. Sciocche superstizioni di contadini ignoranti. Stando alle chiacchiere di quel vecchio, lì sotto ci dovrebbe essere il palazzo reale dove Finvarra dimora con la sua corte da innumerevoli anni - rise - se così fosse il povero vecchio re dovrebbe essere piegato in due dai reumatismi, c'è un'aria umida qui!"
Rabbrividì sfregandosi le braccia intorpidite, poi ripose la scacchiera e portò la lampada elettrica nella tenda.
Dopo aver preparato la branda uscì di nuovo e a braccia conserte si mise a guardare verso la collina illuminata dalla luna. Dopo qualche istante si accorse che sulla sommità c'era un debole chiarore azzurrino, quasi indistinto nella luce argentea della luna. Rimase turbato a guardare per qualche istante, poi si rasserenò. Di sicuro i paesani per spaventarlo avevano inscenato la bizzarra manifestazione di luci ultraterrene. Alberto, per verificare la sua supposizione, aggirò la collina per prendere alle spalle gli sciocchi paesani. Quando però raggiunse il fianco opposto a quello dove si era accampato ebbe la sorpresa di vedere un'apertura in un vecchio albero dalla quale si sprigionava un intenso bagliore azzurro. L'apertura penetrava profondamente nella collina e da essa giungeva il suono di canti in una lingua ignota, e risa e rumori di un fastoso banchetto...
"La corte di Finvarra!" sibilò.
A poco a poco la sua vista si era adattata alla luminosità innaturale e lui, vinto dalla curiosità, s'inoltrò nella collina fatata.
Attraversò sale suntuose, ricche di arazzi e di panoplie ornamentali, mentre al suo passaggio gli elfi tacevano e si facevano da parte. Alberto era stupito. Una reggia sotto la collina! Difficilmente qualcuno avrebbe creduto alla sua avventura, dato che lui stesso stentava a credere ai suoi occhi, doveva riuscire a portar via con sé una testimonianza, una prova, ma guardando gli elfi silenziosi intorno a sé cominciò ad avvertire un vago timore. Lui era un intruso, aveva disturbato la loro festa gioiosa, ignorava come essi trattassero i seccatori e non ci teneva molto a scoprirlo...
"Allora, le vogliamo fare queste partite?"
L'anziano re degli elfi lo stava fissando con un sorriso malizioso, indicandogli una sedia libera posta di fronte ad una splendida scacchiera ingioiellata.
Finvarra, doveva essere lui, stando alle parole del vecchio irlandese era un giocatore molto abile ed era davvero sconsigliabile sfidarlo. Alberto rimpianse la sua imprudenza, pur tuttavia si fece coraggio e rivolgendosi con freddezza al re gli indicò la scacchiera.
"Finvarra, qual'è la posta in gioco?"
Il re elfo lo scrutò per qualche istante carezzandosi la barba, poi scandì lentamente le parole, osservandone l'effetto su Alberto.
"Faremo tre partite. Se le perderai tutte, perderai anche la vita - Alberto avvertì un brivido di terrore - Se invece riuscirai a vincerne almeno una potrai portare via con te, prelevandoli dal mio tesoro, tutti i diamanti che potrai tenere nelle due mani unite a coppa"
Alberto rimuginò per qualche istante sulla proposta rischiosa ma alquanto allettante.
"Credo di non avere possibilità di scelta, non posso rifiutarmi vero?"
"No, non puoi! Mi hai sfidato insolentemente, ti sei accampato vicino alla mia collina... No, decisamente non hai scelta"
"Chi avrà il bianco nella prima partita?"
"Io, naturalmente!"
"Ma è sleale! Io giocherò solo una partita col bianco!"
"Credi forse di poter imporre tu le condizioni?"
"Ma se una partita la patto?"
"Io considero la patta come una mia vittoria!"
Alberto era preoccupato, con la coda dell'occhio spiò dietro di sé per vedere se poteva fuggire via, ma la corte elfica aveva fatto barriera intorno al tavolo e la fuga appariva impossibile.
"Dato che non ho scelta, giochiamo"
La scacchiera ingioiellata luccicava sinistramente.
Finvarra prese il pedone di re e lo spostò avanti di due passi. Alberto osservò la mossa con un leggero sorriso, forse il re elfico non era al corrente delle novità teoriche, forse conosceva solo la partita di re, in tal caso Alberto poteva mettere a frutto la sua buona preparazione teorica, vincere agevolmente almeno una partita ed andarsene con un bel gruzzolo...
Sorrise all'idea e con malcelata allegria rispose con c5, ma Finvarra non mostrò sorpresa ed accettò la siciliana...
Dopo appena venti mosse Alberto abbandonò la partita.
Un paggio rimise rapidamente a posto i pezzi.
Ora aveva il bianco, decise quindi di provare la partita di donna, ma senza miglior fortuna. Finvarra si dimostrò molto esperto nella partita indiana ed al suo sfortunato avversario restò solo l'alternativa di un nuovo abbandono.
Alberto cominciò a sudare freddo, le cose non andavano come aveva pensato, Finvarra era aggiornatissimo sulle varianti moderne anche se non capiva in che modo si tenesse al corrente... Solo una partita e poi avrebbe dovuto pagare la posta in gioco...
Finvarra aprì con d4. Alberto stava per rispondere Cf6, quando improvvisamente decise di giocare il tutto per tutto: c5...
Finvarra prese il pedone offerto ed il suo avversario mosse in e6. Finvarra protesse il pedone attaccato con b4 e subito Alberto contrattaccò con a5. Il re elfo un pò sorpreso dallo strano attacco pose una nuova protezione con c3 e subito Alberto prese in b4. Finvarra riprese con il pedone c3 e nello stesso istante Alberto con un mugolio di trionfo pose la donna in f6 attaccando la torre indifesa...
Il gioco si fece frenetico: Dc2, D:a1; Cc3, Cc6...
Il bianco era ormai in difesa e la donna nera per quanto chiusa non correva rischi. Finvarra cambiò la donna in b2, ma fu un errore. Forte della torre in più, Alberto aggredì violentemente il bianco. Finvarra tentò una sterile difesa, ma poi abbandonò la partita.
"Hai vinto, non conoscevo quel tuo strano attacco. Ho giocato d'impulso ed ho commesso molti errori. Pazienza, la mia parola è sacra. Vieni, ti darò la ricompensa che ti spetta"
Lo guidò nella stanza del tesoro e spalancò un cofano pieno di diamanti. Alberto ne raccolse nelle mani una trentina, grossi come noci e Finvarra gli diede anche una sacchetta in pelle di daino.
"Tieni, potrai portarli più agevolmente" poi lo guidò fino all'uscita. Alberto una volta fuori si accorse che era già l'alba, si girò di nuovo verso l'albero adagiato sul fianco della collina, ma l'apertura si era già richiusa. Nel fruscio delle fronde gli parve di udire una strana ed ironica risata. Scosse il capo e si incamminò verso il paese vicino.
Nel bar c'era il vecchio che lo aveva messo in guardia e a lui sorridendo narrò l'incredibile avventura mostrandogli infine la sacchetta di pelle.
"I doni degli elfi... oh sì, un bel dono davvero! fatemi vedere i vostri 'diamanti'..."
Alberto rimase perplesso e slacciò i legacci rovesciando il contenuto della sacchetta sul tavolino del bar...
Guardò il suo 'prezioso' contenuto, poi guardò il vecchio irlandese che scuoteva la testa...
Sul tavolo in un mucchietto polveroso vi era la ricompensa per aver rischiato la vita... foglie secche, ghiande, ricci di castagne... i suoi 'diamanti'.
Il vecchio irlandese ripeteva con amarezza "I doni degli elfi sono solo sogno ed illusione..."
Alberto guardò fuori dl bar, verso la collina fatata ed il vento del mattino gli recò l'eco di una risata antica...
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Probabilmente fu uno dei racconti che ebbe maggior successo, era passato poco più di un anno dall'inizio della mia collaborazione con due alfieri e questo era l'ottavo racconto pubblicato, non avevo saltato un numero ed il mio modo di scrivere si era molto raffinato, quindi la prospettiva era di andare avanti ancora per molto tempo e per questo iniziavo con molto anticipo a preparare le pubblicazioni successive.



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