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Boris Vallejo
Zodiac
Scorpio

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Eunice
Una mantide dagli occhi di gatta
Capitolo Secondo

Il giorno dopo Gilberto si ridestò al suono d'un antico canto d'amore Wintu. Aprì gli occhi e li richiuse subito con un gemito d'orrore. La sua testa ronzava come se uno sciame di vespe vi avesse fatto il nido dentro. Riaprì gli occhi e s'impose di guardare avanti a sè...

Una volta piansi per te.
Ma ora per lui piango,
per lui che è in occidente,
nel lontano occidente.
Piango per lui
che nell'occidente ha la sua dimora,
sotto le ripide guglie della roccia di Lima.

Il primo dei tre schermi olovisivi era acceso.
Due enormi scorpioni sudamericani, neri e lucidi, danzavano tenendosi per le chele, con le code arcuate, di minuto in minuto più frenetici, fino al parossismo, in quello che qualcuno ha definito un allucinante tango di morte.
Dopo il primo momento di repulsione, Gilberto si sorprese a fissare la danza con una sorta di raccapricciante piacere morboso.
Mentre cominciava la parte vocale del canto la danza finì e gli scorpioni si accoppiarono davanti ai suoi occhi.
Dopo l'amplesso il maschio tentò di allontanarsi dalla pericolosa compagna, ma il tentativo fallì.
Un unico rapido balzo ed il maschio venne bloccato dalla femmina, che lo paralizzò con l'aculeo mortale e prese a cibarsene voracemente.
Il contrasto tra la voce di donna che piangeva il suo amore lontano tra le guglie di Lima e la femmina scorpione che faceva a pezzi il suo amante non poteva essere più violento...
Lo schermo si spense, mentre le note rauche della siringa peruviana si dissolvevano in rivoli di liquidi arpeggi.
Subito si levò il lamento vibrante di un uomo innamorato che si rivolge alla sua amata traditrice.

Oh, Leila!
In bocca tu porti tre cose:
un filo di perle di Bahrein,
un sorso di vino di Shiraz,
il profumo del muschio tibetano...

Quasi inavvertitamente, come un cuore che batte di passione, un'orchestra gamelan saliva di tono per accompagnare il canto nepalese...

Muschio del Tibet è il tuo fiato,
vino di Shiraz è la tua saliva,
perle di Bahrein sono i tuoi denti.
Oh, Leila!...

Il secondo schermo olovisivo si accese mostrando due mantidi religiose che si fronteggiavano...

Oh, Leila!
Negli occhi tu porti tre cose:
I neri diamanti dell'Hindostan,
le sete ricamate di Lahore,
le fiamme del Fusi-Yama...

Il maschio cominciò il corteggiamento saltellando intorno alla femmina con movimenti leggeri...

Fiamme del vulcano sono il loro lampo,
sete ricamate di Lahore il loro desiderio,
diamanti neri Hindustani il loro colore.
Oh, Leila!...

La mantide femmina aveva accettato il corteggiamento ed ora il maschio s'accostava per l'amplesso...

Oh, Leila!
Nel cuore tu porti tre cose:
tutti i cobra gialli di Birmania,
tutti i funghi mortali del Bengala,
tutti i fiori velenosi del Nepal...

Dopo l'accoppiamento il maschio tentò una vana fuga, ma la femmina si riscosse dal torpore e lo raggiunse in due balzi...

Fiori velenosi sono le tue confidenze,
funghi mortali i tuoi baci,
gialli cobra i tuoi tradimenti.
Oh, Leila!

Quando la mantide traditrice decapitò il maschio con le zampe seghettate, che le davano quell'aspetto di continua preghiera, Gilberto cominciò ad avvertire brividi di gelo per la schiena, pur tuttavia, senza sottrarsi, attese che si accendesse il terzo schermo.
Le prime note di un canto d'amore armeno si diffusero nella stanza e sullo schermo ebbe inizio un nuovo gioco di amore e di morte, tra una vedova nera ed un maschio timoroso e recalcitrante, che solo il desiderio spingeva all'olocausto di sè...

Deh, vieni, andiamo sui campi!
Nulla diciamo al padre, alla madre...

Il ragno cominciò i suoi approcci timorosi, invitando la temibile compagna...

Per tutta la notte, al chiaro di luna,
giochiamo fino a che il giorno si levi.
Succhiamo lo zucchero dei fiori melati,
mangiamo l'erba, beviam la rugiada,
addormentiamoci al gemito dei colombi selvatici
diveniamo terra come la terra delle campagne.

Dopo alcune precipitose marce indietro, il maschio a poco a poco prese coraggio e dopo aver ammansito la compagna, riuscì a possederla...

E che dalla nostra terra sbocci un fiore,
il fiore di vita e di morte...

Ma dopo il congiungimento la stanchezza ebbe ragione di lui e non riuscendo a fuggire rimase preda della femmina...

Colui che non ha desiderio di morte,
strappi prima il petalo della vita.

Mentre anche l'ultimo schermo si spegneva, Gilberto si sedette sul letto sconvolto, qualcosa che sonnecchiava nella sua mente ne affiorò all'improvviso.
La "Psicosi degli Insetti"! In quel breve periodo di allucinazione collettiva di dieci anni prima, la razza umana aveva rischiato l'estinzione totale, anche a causa di una mortale fuga di germi patogeni mutanti.
Ma per uno di quegli strani scherzi del destino, dopo mesi di terrore, i virus avevano perso la loro mortalità, i fenomeni allucinatori erano cessati e la vita aveva ripreso il suo corso normale.
In quel breve periodo New York era andata completamente distrutta, in tutto il mondo le vittime furono così numerose che non fu mai possibile accertare l'entità della catastrofe, anche se le stime più ottimistiche le fissarono attorno al mezzo miliardo.
Dopo di allora tra l'umanità e gli insetti si stabilì una sorta di strana simbiosi fisica e mentale, che colpì soprattutto le donne, che iniziarono ad adornarsi con scarabei viventi ingioiellati, come quello che Eunice portava al collo la sera avanti.
Anche la moda degli insetti-gioiello ebbe breve durata, con uno strascico di un anno o due in quelle zone dove più numerosi e devastanti erano stati i casi di psicosi.
Immediatamente dopo si verificò un'osmosi così perfetta che le donne cominciarono a pensare come insetti, a vedere sè stesse come splendide mantidi, cercando nel maschio la vittima non solo simbolica per l'amplesso riproduttivo.
Gilberto pensò ad Eunice. Lei non poteva aver avuto più di quattordici o quindici anni all'epoca, ovvero lei aveva di certo vissuto la psicosi nel momento più delicato del suo sviluppo psicofisico e di certo la sua mente doveva averne ricevuto una deviazione traumatica, tale da spingerla ad una identificazione anormale e blasfema, da cui neppure i nuovi occhi felini l'avevano liberata psichicamente.
I suoi quadri... non quelli degli artisti pre-psicosi, ma quelli dipinti da lei, erano pieni di insinuanti allusioni alla sua personalità sconvolta ed ambigua e Gilberto... era la vittima sacrificale di quella contorta immaginazione.
La serica ragnatela del letto tondo su cui sedeva gli appariva ora sotto l'aspetto di una trappola senza scampo, eppure, egli era ancora vivo!
Si alzò precipitosamente e, quasi correndo, si recò in salotto per togliere il drappo di velluto nero all'ultima tela di Eunice. Trovò il quadro liberato dal suo pesante sudario, ma la tela era lacerata ed indecifrabile, cosparsa di grumi di colore vischioso e fresco che la ricoprivano in più punti.
Solo una parte era ancora distinguibile, quella in cui i loro volti si univano in un bacio mortale, ma il volto di lui, vacuo e senza espressione, era quello di un cadavere putrescente...
Non cercò nemmeno di immaginare che cosa la tela gli avrebbe mostrato se l'avesse scoperta la sera avanti, forse un orrore senza nome l'avrebbe fatto fuggire in preda al panico per le strade di Londra, in cerca della pace illusoria del Woomera, ma già al solo pensarci ne dubitava, forse sarebbe egualmente entrato in camera di lei anche se consapevole del rischio, così come, ignaro, aveva fatto la sera prima.
Ora che sapeva, pur intravedendo solo il vago orrore della tela lacerata, non indietreggiò verso la porta di casa, ma chiamò Eunice, cercandola per le stanze piene di dipinti e di tendaggi di damasco.
Infine la trovò seduta, in silenziosa attesa, in un piccolo studiolo dalle pareti decorate con centinaia di maschere cerimoniali polinesiane.
Lei lo fissò interrogativamente e prima che lui potesse dire una sola parola il suono della porta di casa lo riscosse dal torpore in cui la visione di lei lo aveva fatto piombare.
Si recò lui stesso ad aprire all'intruso e si trovò di fronte Roy, che stringeva nervosamente i manici delle sue due valigie. Prima che Gilberto potesse riprendersi dallo stupore, Roy con un mugolio di sorpresa aveva lasciato cadere le valigie precipitandosi giù per le scale.
Gilberto si riprese istantaneamente dalla sorpresa e si lanciò subito al suo inseguimento e dopo un'affannosa rincorsa lo bloccò nell'androne del palazzo, strattonandolo violentemente.
«Qual'è il tuo sporco ruolo in tutto questo?»
Roy cercò di liberarsi, roteando gli occhi in cerca d'aiuto, ma l'androne era deserto.
«Parla ruffiano - Gilberto era furente - o, perdio, t'ammazzo con queste mie stesse mani.».
Lui protestò debolmente «Io non ho colpa, lasciami, lei è più forte, io non volevo...»
Cercò di divincolarsi, di sfuggire alla presa, ma Gilberto lo bloccò nuovamente afferrandolo per il collo e sbattendogli la testa al muro. Al terzo colpo Roy promise di parlare, di rivelargli tutto quello che sapeva. Gilberto si fermò, mentre l'altro, paonazzo in volto si passava la mano sulla nuca ritraendola sporca di sangue, poi lo spinse di colpo nel sottoscala trascinandolo quasi di peso per i gradini ed attese cominciasse a parlare.
«Se vuoi cavartela cerca di essere molto convincente...»
Roy annuì preoccupato e cominciò il suo racconto.
«È una storia lunga, è meglio cominciare dall'inizio. Dieci anni fa mi trovavo a Città del Messico, allora ero uno dei più forti tennisti del mondo, uno dei primi dieci, guadagnavo bene e facevo una vita dispendiosa e movimentata, proprio in quell'anno avevo vinto il Trofeo Borg agli Internazionali di Svezia...».
«Non divagare, non mi interessano i tuoi successi professionali.».
«Come preferisci... Fu a Città del Messico che la conobbi, in quel periodo Eunice era una splendida adolescente di circa sedici anni, faceva la fotomodella ed indossatrice per Harper's Bazaar, alternando a questa sua attività un'altra più redditizia ma meno ufficiale di hostess per gente importante, come io ero allora. Il fatto che fosse sicuramente minorenne - ho sempre sospettato che i suoi sedici anni dichiarati fossero in realtà di meno -, ne aumentavano il fascino, in virtù di quel pizzico di illegalità che dava alla sua compagnia, chiamiamola così, uno stimolo maggiore di desiderio. Ma a dire il vero non sono assolutamente certo che lei ai suoi accompagnatori offrisse qualcosa di più della semplice compagnia, ma vi erano fondati motivi per pensarlo, anche se l'incidente non mi diede modo di appurare, di dare conferma alla mia supposizione...».
L'incidente... tutti i capi della complicata matassa si andavano a poco a poco riunendo.
Roy continuò con i suoi ricordi, soffermandosi di tanto in tanto per riordinare le idee. L'aveva conosciuta a Città del Messico, ma non l'aveva più rivista fino a che Elmer Fergusson, il fotografo play-boy di Bahia, non gliela presentò durante una movimentata gita a Rio. Tra l'altro fu proprio in quell'occasione che Roy conobbe Rayna che poi sarebbe divenuta sua moglie.
«...allora non feci caso a Rayna, troppo impegnato com'ero a passare da un flirt all'altro. Assieme ad Eunice mi recai a Buenos Aires e poi di nuovo a Città del Messico, dove lei doveva posare per un fotoservizio sullo sfondo dei Mondiali di Deltaplano. Sulla strada per Acapulco, si mise lei stessa al volante e per quanto sapessi che non aveva la patente, io non mi opposi. Lei cominciò subito a correre come un'invasata, con l'acceleratore a tavoletta. Dopo pochi minuti io mi sentii strano, mi voltai verso di lei e la vidi sotto l'aspetto di una mantide screziata. Urlai dal disgusto, o almeno credo di averlo fatto, i miei ricordi a partire da questo momento sono un pò confusi...».
Si fermò per riprendere fiato, Gilberto gli fece cenno di proseguire.
«...Allora lei si girò e mi guardò. Disse qualcosa con voce rauca. Credo che disse "Insetti, voi uomini siete solo insetti!" o qualcosa del genere e prima che potessi fermarla, lei spalancò lo sportello e si lanciò fuori dall'auto in corsa. Intorpidito dalla sensazione di estraneità che si era impadronita di me, non riuscii a controllare la Lamborghini e finii fuori strada. Per un vero miracolo fui proiettato fuori dall'abitacolo, mentre l'auto s'andò a distruggere giù per un dirupo. Mi risvegliai in ospedale con fratture multiple agli arti, schiacciamento del torace e trauma cranico, ero stato in coma per tre mesi e Rayna, che non mi aveva dimenticato, era lì, accanto a me.».
S'accese una sigaretta e riprese «Eunice? Nessuno ne sapeva nulla! Era sparita dalla circolazione. Rimasi all'ospedale ancora per molti mesi, poi, una volta dimesso, sposai Rayna e mi ritirai dall'attività sportiva e dalle prime pagine dei giornali sportivi...».
Gilberto scosse la testa «Questo non spiega nulla e poi c'è una cosa che non mi convince, tu hai detto che Eunice ti vide come un insetto, quindi fu colpita dalla Psicosi allora dilagante, ma per l'orrore si gettò fuori della macchina... Questo comportamento non piega come mai la sua casa sia piena di insetti dipinti ed ingioiellati, e non spiega nemmeno i tre stereo in camera da letto che...».
«Lo so - Roy lo interruppe - conosco la sua casa di Londra...».
«Allora c'è dell'altro!»
«Si, c'è ancora molto da dire ed il peggio viene adesso... Prima dell'incidente era diverso, Eunice aveva un vero terrore degli insetti, la visione di un ragno la faceva urlare, quando ad Amarillo trovò uno scorpione morto in bagno ebbe un vero collasso. Allora aveva un'inspiegabile fobia, eccessiva forse, ma in netto contrasto col suo comportamento successivo ed attuale. Sai bene quanto me che dopo di allora vi sono stati fenomeni di simbiosi psichica con gli insetti, ebbene in lei la simbiosi fu più radicale, tanto più totale quanto più in precedenza era stata violenta la fobia...».
Spense la sigaretta schiacciandola sotto il tacco e riprese.
«La cosa sorprendente è che gli insetti l'amavano!»
Gilberto lo guardò con stupore «Amavano? Ma che intendi?»
«Ora ci arrivo... Infatti la rividi poco dopo il mio matrimonio con Rayna, io indugiavo ancora a Città del Messico e casualmente lei passò davanti al mio albergo, era in compagnia di Christopher Mayo, il pittore che ha fondato il movimento cinergetico. Uscii quasi di corsa dall'albergo, ma erano spariti. Pochi giorni dopo Mayo fu trovato morto nel suo studio, assassinato in un modo agghiacciante, decapitato, evirato e col corpo gonfio di punture di scorpione...».
Gilberto trasalì con una smorfia di raccapriccio.
«Ne parlarono tutti i giornali, Mayo era popolare quanto Warhol. Sul tavolo accanto a lui trovarono una fiala semivuota di un liquido paralizzante ricavato dalla secrezione ghiandolare dell'icneumonide, una vespa amazzonica... Capisci ora? Mayo era seminudo, presumibilmente fu drogato e paralizzato alla sprovvista e qualcuno, o qualcuna, aveva rovesciato su di lui un'intera cassetta di scorpioni, l'appartamento ne brulicava! Fu decapitato ed evirato dopo che era già morto, così accertò il medico legale. Quella sera stessa rividi Eunice, la seguii e salii da lei. Le chiesi perchè mai non si fosse più fatta sentire dopo l'incidente...».
«Sospettavi che avesse a che fare con la morte di Mayo?»
«No, ma ero preoccupato per lei, dato che li avevo visti insieme... Lei mi rispose gelidamente "Io non ti amo, mi sei indifferente, non avevo alcun motivo per cercarti." Rimasi turbato dalla freddezza della sua voce e stavo già meditando di andarmene quando vidi accanto ai suoi piedi uno scorpione, preoccupato per lei, sapendo quanto orrore provasse per quelle bestie, mi avvicinai pian piano, poi con un movimento rapido lo schiacciai col tacco della scarpa. "Non guardare - le dissi - c'era uno scorpione in terra, ora non c'è più pericolo, l'ho schiacciato!". Non avrei mai immaginare la sua reazione, ero pronto ad una crisi isterica, ma non alla sua furia. Mi aggredì colpendomi con tutto quello che le capitava a tiro. Corsi verso la porta e me ne andai a precipizio, ma prima di andarmene mi girai ancora una volta a guardarla: quello che nella penombra mi era sembrato un fermaglio per capelli in corno, si muoveva e le carezzava una guancia con l'aculeo uncinato, e lei lo lasciava fare, con lo sguardo estatico, persa in chissà quale piacere blasfemo...».
Gilberto era turbato «Quindi era stata lei ad uccidere Mayo!»
Roy annuì «Non ne ho mai avuto la certezza, pur tuttavia non ho dubbi sulla sua responsabilita. Pur sospettandola non la denunciai. L'amavo ancora, nonostante tutto l'orrore che mi ispirava. Pochi giorni dopo partii per Londra e per quasi cinque anni vissi felicemente con Rayna. Ma la nostra felicità fu di breve durata. Eunice tornò a togliermi la serenità. Mi fermò per strada, era bellissima! Si era fatta rifare chirurgicamente gli occhi, fosforescenti come quelli di una gatta. Della sua simbiosi criminale con gli scorpioni non vi era più traccia, ma uno scarabeo sacro ingemmato, appeso al collo, era diventato il suo gioiello preferito...».
Gilberto assentì «Lo aveva anche ieri, è vivo.».
«Oh sì, ma non ha solo quello - riprese - ne ha una dozzina, varia la pietra incastonata sul dorso, che adatta al colore del vestito o a quello dei suoi occhi cangianti, rubino, diamante, zaffiro, topazio ed altre ancora. Dopo cinque anni dalla Psicosi Eunice era molto cambiata, era più matura, aveva perduto il fascino dell'adolescenza, ma in cambio appariva più desiderabile, anche se il suo sguardo ancora tradiva l'eco di quella sua pericolosità mortale di cui Mayo, e chissà quanti altri, avevano fatto le spese...».
«E tu? Tu non correvi rischi ad avvicinarla?»
Rimase a pensarci su qualche secondo poi riprese.
«Forse perchè io, sposato a Rayna, non ero più desiderabile per lei. Per qualche strano motivo Eunice preferisce attirare nella sua tela coloro che il suo istinto infallibile gli indica come privi di una compagna. Da quando l'ho rivista qui a Londra, mi è apparsa come una mantide in cerca di un compagno da amare e da uccidere. In questi cinque anni lei non ha più ucciso come in Messico, qualcosa è cambiato in lei, sono cinque anni che cerca una persona e crede di vederla un pò dappertutto nel mondo. Io sono convinto che Eunice stia cercando un maschio per riprodursi! Come la mantide, anche lei ha bisogno di un compagno, ma dopo l'amplesso lei dovrà ucciderlo, perchè ormai è l'istinto che la guida.».
Si accese un'altra sigaretta, si schiarì la voce ed ad un mio cenno riprese.
«Se hai visto gli ampex che gli olo-riproduttori trasmettono in continuazione nella sua camera da letto, non farai fatica a comprendermi. Eunice vola per il mondo alla ricerca di quel maschio ideale di cui ha avuto la visione in Messico dopo la morte di Mayo, da quel giorno lo dipinge in continuazione, non ho mai visto i suoi quadri, a me non lo permette, ma lo so, è stata lei stessa a confidarmelo...».
Gilberto lo interruppe con un'espressione di sbalordimento.
«Un momento, allora quei quadri li ha dipinti prima di conoscermi, prima di vedermi, anche solo di sfuggita!»
«Sì, non so il perchè del tuo stupore, ma forse posso intuirlo... Quando lei crede di aver individuato chi cerca, mi telefona ed io e mia moglie andiamo in vacanza sul posto dove si trova la vittima. Mia moglie non ha mai sospettato il vero scopo di queste vacanze, ma è sorpresa che non incidano sul nostro bilancio. Lei ignora che è Eunice a pagare e non lo saprà mai, io le lascio credere che siano i proventi di un paio di manuali di tennis scritti alcuni anni fa, proventi dei diritti d'autore. Lei non dubita della mia spiegazione, non lo ha mai fatto, probabilmente se sapesse la verità non approverebbe... Comunque, individuata la persona in base alle informazioni fornite da Eunice, io stabilisco un contatto amichevole ed invito la mosca a Londra, ospite della mia pensione, poi l'indirizzo là dove avverrà l'incontro casuale con Eunice. Il mio compito è questo, poi è lei che fa il resto. Il giorno dopo porto le valigie dell'ospite a casa sua e me ne torno alla mia pensione dimenticandomi di tutto. Ma finora lei non ha trovato chi cerca e l'averti trovato vivo, a casa sua, mi ha sorpreso, ecco perchè sono fuggito poco fa...».
«Perchè? Cosa è successo agli altri?»
«Si sono suicidati. Quando Eunice se li è trovati davanti, non ha sentito alcun desiderio e li ha respinti. Essere respinti da una donna può essere poco piacevole, ma Eunice è diversa, io sono certo che è una mantide, per questo coloro che lei ha respinto si sono suicidati, non potevano fare altrimenti... Anch'io sono stato respinto, ma io ero sposato, quindi nel mio caso non è scattato l'impulso autodistruttivo, pare che i suoi occhi abbiano uno strano potere ipnotico, forse io sono refrattario e forse per questo motivo lei si serve di me, perchè sono immune al suo fascino, ma non tanto da non obbedirle ciecamente... Ma tu?»
«Io i quadri li ho visti...» Gilberto descrisse quelli che aveva visto ed anche quello con la tela lacerata, l'altro ascoltava in silenzio. Quando Gilberto finì il racconto. Roy più che sgomento appariva sorpreso, sinceramente sorpreso.
«Allora non dovresti essere vivo se eri te che cercava, ma cosa è successo tra voi due durante la notte?»
«Non ricordo chiaramente, ma credo nulla di particolare, probabilmente ho perso conoscenza poco dopo essere entrato nella sua stanza.».
Roy scosse la testa «Allora proprio non capisco...».
«Io invece credo di cominciare a capire proprio ora...».
Lo lasciò andare e poi rimase un pò incerto se tornare su da lei subito o se fosse invece preferibile pensarci un pò su.
Ormai sapeva bene cosa volesse da lui Eunice e ne era al tempo stesso affascinato ed intimorito.
Passò l'intera giornata a vagare senza meta per Londra.
Per dormire prese alloggio in un anonimo alberghetto, ma nel corso della notte si destò quasi di soprassalto, nel buio della stanza gli sembrava di veder risplendere gli occhi felini di Eunice e mentre scrutava il buio gli tornò alla mente una canzone. Ne seguì distrattamente il motivo, poi la riconobbe, era il canto d'amore armeno che aveva ascoltato come sottofondo all'ampex della vedova nera.
Giunto agli ultimi due versi li ripetè più volte, quasi assaporandoli, prima di capire perchè proprio quel canto gli fosse tornato alla mente:

Colui che non ha desiderio di morte,
strappi prima il petalo della vita.

Era tutto lì, lui non aveva desiderio di morte, ma dopo aver amato Eunice, che senso avrebbe più avuto la vita?
Accese la luce. Erano le quattro del mattino.
Dopo un'ora pagava il conto dell'albergo per la notte e si recava di nuovo a casa di Lei.
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Questo capitolo, scritto nell'aprile 1980, costituisce il secondo capitolo di un romanzo quasi interamente abbozzato ma di cui solo i capitoli presenti in web appaiono nella veste definitiva.

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