La porta riconobbe istantaneamente il sibilo emesso dalle vizze labbra del mago e si dischiuse lentamente con un sospiro.
I due demoni guardiani si tennero a rispettosa e timorosa distanza mentre Dwerulas s'inoltrava nel giardino in sfacelo.
Ovunque solo abbandono e miriadi di siepi deformi cresciute follemente sui viali che, come una ragnatela, attraversavano la più insana creazione dell'antico negromante...
Anche il cespuglio degli occhi si era trasformato, col trascorrere di lunghi anni, in un ibrido deforme ed orrendo a vedersi, gli occhi, che pendevano dai rami come bacche, si mostravano ora marciti ed appestati da morbi ributtanti, gonfi di sangue nerastro o purulenti, trasudanti umori pestilenziali...
L'atmosfera era spessa, caliginosa, nebbiosa ed umida, come olio rancido, lo stesso sole artificiale, sospeso per magia al centro del labirinto di viali, era ora quasi nero come un bubbone e solo a tratti roteando su sé stesso mostrava crepe da cui, come sangue rappreso, erompeva con sciabolate purpuree quel residuo di luce che ancora rendeva percorribile il giardino.
Dwerulas scosse il capo con disgusto poi guardò in alto verso l'astro artificiale e battè per due volte le palme delle mani sussurrando un'antichissima litania.
La superficie corrosa del frammento stellare cominciò a ribollire con sbuffi di vapore, le crepe sanguigne si sfaldarono in una ragnatela di squarci e la luce malsana e morente riprese a poco a poco l'antico vigore...
Dopo pochi istanti in alto fiammeggiava una piccola stella dorata e le brume del giardino si dissiparono sotto la violenta carezza dei suoi raggi.
Ogni brusio, ogni eco era cessato all'istante, Dwerulas era tornato...
Le teste che ovunque affioravano dai tronchi come grosse noci di cocco avevano smesso di ciangottare, bestemmiare o sussurrare, Dwerulas era tornato...
Il giardino ora taceva attendendo con silenzioso terrore le mosse dell'odiato negromante.
Dwerulas si mosse con passo lento ma sicuro dirigendosi verso una radura dove tanto tempo prima era stato colpito a tradimento e seppellito dall'infame Adomphas.
Non era difficile rintracciarla, bastava seguire le tracce lasciate sul terreno dai monconi umani che avevano semidivorato il folle monarca e seguendole di lì a poco apparve la piccola radura, piena di carcasse scagliose e deformi affastellate come un tumulo sacrificale al Dio Nero della Notte e di fronte al tumulo da un cespuglio emergevano due braccia bianche come alabastro e come gigli screziati due mani le coronavano con le dita dalle lunghe unghie laccate chiuse ad artiglio sugli occhi del tiranno, tanto tempo prima divelti dalle orbite ed ancora incastrati nelle unghie di Tuloneah...
Dwerulas fece un sibilo verso la pira di orridi monconi umani e quelli cominciarono a defluire con movimenti oleosi, con leggeri sussulti sulle asperità del terreno, soffiando e sbuffando, con stridii laceranti, lasciando sul terreno rancide scie di umore giallastro...
Dwerulas li osservava in silenzio mentre a poco a poco liberavano i resti cenciosi del re dal loro abbraccio di morte e mentre gli ultimi tronconi tornavano dentro le loro fosse il mago si accostò al re.
Divorato, corroso, con le vesti regali ridotte a brandelli, il morto Adomphas inginocchiato davanti al cespuglio di Tuloneah volgeva verso l'alto il cieco volto, nelle orbite vuote e straziate solo grumi di sangue nerastro che come lacrime ne sgorgavano rigando le gote, come in un disperato pianto di morte per espiare tutte le infami violenze commesse nella sua turpe vita...
Dwerulas non si commosse nel vedere la sua regale marionetta di un tempo lontano, il negromante ignorava cosa fosse la commozione ed ora il morto tiranno gli occorreva solo per rintracciare antiche notizie di una terra sconosciuta su cui, si narrava, un lontanissimo antenato del re era un giorno approdato scoprendo su essa il portale del Tempio Antico degli Adoratori di Shanga.
L'anello di Shanga, il Libro Circolare del Dio Morto... leggende... certo! leggende antiche, anzi più antiche del mondo stesso, leggende già antiche al tempo in cui lo stesso Dwerulas non era ancora stato generato... eppure...
Sì, eppure si narrava che persino il coraggioso Euworan non ebbe l'ardimento necessario per attraversare l'anello di Shanga ma che in preda ad un abietto terrore, lui, il più coraggioso tra gli uomini dell'antica stirpe reale, tornò indietro nella sua terra cancellando e distruggendo ogni più piccolo frammento delle mappe che lo avevano guidato fin sulla soglia dell'antichissimo tempio pre-umano.
Ma per Dwerulas la strada per l'antico tempio non era definitivamente perduta, se la leggenda aveva un fondamento di verità lui avrebbe potuto scoprirlo presto...
I ricordi di Euworan erano celati nella memoria ancestrale, che trasmessa di discendente in discendente si era alla fine depositata nel cervello rettiliano dell'ultimo rampollo dell'antica e gloriosa dinastia di re, nel cervello del folle e depravato Adomphas che ora giaceva morto in ginocchio davanti al mago.
Non era impossibile recuperare quelle antiche memorie, non per Dwerulas, era sufficiente restituire la vita al re, squarciargli il cranio, introdurre le unghie spalmate con un unguento ricavato dagli occhi avvizziti delle mummie antidiluviane della città morta di Og e raschiare con esse il cervello, penetrare in esso, scartocciandolo come una cipolla, fino a raggiungere il Ponte di Varolio e di lì il cervello rettiliano ed il suo serbatoio di ricordi ancestrali...
Frugare tra quei ricordi per trovare le memorie ataviche e rintracciarvi i ricordi di Euworan per apprendere da essi l'ubicazione del luogo a lungo cercato da un incalcolabile numero di negromanti, il luogo da cui era possibile accedere alla Scalinata di un Milione di Anni.
Adomphas doveva essere riportato in vita perchè altrimenti non sarebbe stato possibile leggere i ricordi contenuti nel suo cervello, il fatto che il risveglio avrebbe causato al monarca una sofferenza indescrivibile lasciava del tutto indifferente Dwerulas, la sofferenza altrui era sempre stata un problema del tutto marginale per il negromante e altrettanto trascurabile gli appariva l'idea del dolore inimmaginabile che la raschiatura del cervello avrebbe causato al re morto.
Dwerulas era incapace di provare sentimenti o rimorsi, per lui l'altrui sofferenza era irrilevante, per lui ora contava solo accertare se il libro del Dio Morto era qualcosa di più di una leggenda e se anche una minima parte di quella leggenda corrispondeva a verità lui doveva mettervi sopra le mani, poichè con il potere al di là di ogni comprensione di quelle antiche formula pre umane, vergate dalla mano di un Dio, lui, il più potente negromante della terra avrebbe acquisito poteri così vasti sull'intero universo da divenire lui stesso un dio, dominare il tempo e lo spazio, controllare tutte le razze esistenti nel cosmo e imperare persino sugli altri dei che qui e là ancora vagavano tra i mondi ai confini del cosmo... non più soltanto padrone di poche migliaia di demoni, ma demiurgo lui stesso avrebbe modellato il creato a sua immagine e somiglianza...
Dwerulas rise acidamente poi si volse verso Adomphas ed iniziò a riportarlo in vita...
Adomphas vagava, ombra tra le ombre, nella Terra di O, la regione dove i morti vivevano la loro strana vita al di fuori del tempo e dello spazio, al suo passaggio udiva i sussurri rabbiosi dei suoi ex cortigiani e vittime, ma sordo ad essi passava attraverso le ombre come fumo tra la nebbia.
Il suo corpo non era più semidivorato dai morsi voraci delle carcasse del suo giardino e nelle sue orbite i suoi occhi cerulei, freddi e impietosi, fissavano con disprezzo il mondo di ombre che lo circondava.
Il suo manto reale, damascato ed intessuto di fili d'oro, era solo un ricordo della perduta vita terrena, ora come tutti gli abitanti della Terra di O era vestito per l'eternità con una tunica grigia, ruvida e leggera, la intravedeva su se stesso nella perpetua caligine che permeava l'atmosfera del mondo dei morti e furioso digrignava i denti rimpiangendo lo sfarzo opulento goduto in vita...
Non amava quella non-vita ma serbava ancora nella mente gli ultimi orrendi istanti della sua morte, i morsi rabbiosi dei monconi umani e soprattutto lo strappo violento con cui Tuloneah aveva cavato fuori dalle orbite i suoi occhi, estirpandoli con le sue lunghe unghie laccate cremisi, dilaniandoli e sprofondando lui, il re, in una folle oscurità di dolore e di morte.
Il lungo momento di cecità, il dolore terribile dell'accecamento erano ricordi insostenibili, eppure anche in quegli istanti il suo animo di folle e depravato tiranno non poteva non abbandonarsi a pensieri oziosi, ai ricordi di mille e mille torture inflitte alle sue vittime di un tempo, già... Adomphas si picchiettava i denti con le lunghe unghie aguzze come artigli, lui non aveva mai accecato i condannati afferrando e dilaniando i loro occhi con le unghie, semplicemente non vi aveva mai pensato, aveva usato mille attrezzi diversi, tutti quelli che la sua mente abietta gli andava di volta in volta suggerendo, ma mai le sue stesse unghie!
«Peccato - pensò scrollando le spalle - sarebbe stata una novità gradevole - sospirò - Tuloneah in fondo aveva inventiva...» poi come rammentando di colpo che era stata proprio la sua diletta concubina ad accecarlo si sentiva stravolgere dall'ira per l'affronto subito e rimpiangeva di non averla lavorata un pò nella sala di tortura prima di passarla a Dwerulas, le avrebbe comunque risparmiato le belle mani bianche come magnolie, ma del resto di lei ne avrebbe fatto scempio invece di consegnarla intatta e dormiente all'odioso negromante...
Ormai era inutile tormentarsi ed amareggiarsi con siffatti rimpianti, qui nella Terra di O il suo passato potere di tiranno contava assai meno di una manciata di nebbia, i giorni delle urla e del sangue erano cessati, ora davanti a se aveva solo un'eternità grigia in cui il tempo si dilatava sino a perdere il senso del suo stesso scorrere...
Di certo Dwerulas era ancora nel mondo dei vivi, la sua torpida certezza di aver abbattuto il mostro era stata fugata dal suo ultimo ricordo terreno, quell'empia risata e quel sinistro frullare di ali coriacee come se un intero stormo di demoni fosse calato sul giardino per raccogliere il nano gibboso risorto dalla fossa e portarlo via con se verso terre lontane.
Un'empia risata, rauca e rabbiosa, sinistra ed inquietante... si Adomphas ne era certo, l'odiato negromante ancora calcava le strade del regno dei vivi ma almeno non poteva più raggiungerlo qui nella Terra di O, e se anche lo avesse trovato un giorno qui, morto tra i morti, ombra tra le ombre, cosa avrebbe potuto fargli? Qui non esisteva dolore ma solo sordo rimpianto, rimpianto per i colori e gli odori del mondo, rimpianto per i suoni e i gusti dolci e speziati, imprigionato in questa terra che ne era priva il re folle rimpiangeva i suoi arazzi intessuti di gemme, i mosaici rubati alle polverose torri di Irem e soprattutto gli odori grassi ed aromatici dei suoi interminabili banchetti e gozzoviglie nonchè i profumi perversi di cui le sue concubine si cospargevano al solo scopo di compiacerlo e di garantirsi poche ore in più di vita.
Qui erano assenti i suoni ed i sapori e Adomphas adorava udire per ore le urla strazianti dei torturati, il morbido tinnare delle arpe iskaniane suonate dalle sue etere con unghie ricoperte di lamine d'oro e i sapori di tante prelibatezze esotiche e rare che mai più avrebbe assaporato nell'eterno grigiore che lo attendeva.
Aveva perso molto, troppo per i suoi gusti, ma almeno era sfuggito al negromante e, in cuor suo ne era certo, in confronto a ciò che Dwerulas avrebbe fatto di lui persino esser divorato vivo dalle carcasse dei morti ed accecato dalle aguzze unghie della sua concubina era in definitiva ben poca cosa, una terribile agonia di pochi interminabili minuti in confronto a folli eternità di dolore che il nero mago avrebbe di certo escogitato per lui.
Era fuggito nella Terra di O ed in un certo senso qui era al sicuro, pensava, non immaginando neppure di quanto fosse in errore, in realtà non era sfuggito al negromante, anzi proprio mentre lo spettro del re si abbandonava a questa illusione le vizze labbra del mago iniziarono a salmodiare il lungo rituale per richiamare il tiranno dalla grigia terra dei morti.
Con un'esplosione di dolore lancinante Adomphas si ritrovò nuovamente nel suo corpo dilaniato, cieco e paralizzato, in un lampo comprese che la Terra di O e la sua grigia e placida tranquillità erano perdute, forse per sempre, se Dwerulas aveva il potere di strappare le anime alla terra dei morti per il re folle non vi era più alcuna speranza né di salvezza né di pietà.
Con voce incrinata dal terrore il re si rivolse al mago.
«Cosa vuoi da me Dwerulas? Perché mi hai strappato dalla terra del silenzio? Ti ho fatto torto? Ebbene ho pagato la mia colpa con la mia orribile morte, ora dimmi cosa vuoi sapere e rimandami nella terra dei morti, soffro terribilmente ed io, un re, imploro la tua misericordia...»
Un violentissimo colpo di scalpello fracassò la mandibola del re trasformando in incomprensibili gorgoglii le sue parole ed i suoi gemiti.
«Mi servono i tuoi ricordi atavici non le tue oziose ciance o le tue servili implorazioni, solo i tuoi ricordi e quelli posso procurarmeli senza il tuo aiuto... credi che voglia vendicare la tua passata aggressione? Hai detto giustamente sciocco re, la tua morte orribile è stata una vendetta soddisfacente ma ho bisogno dei ricordi di Euworan e quelli sono celati nel tuo cervello, tirarli fuori con le unghie sarà un piacevole diversivo dopo tanti anni di ricerche...»
Adomphas ricordava vagamente la storia del suo antenato e dei suoi viaggi in terre lontane e dimenticate, non capiva in che modo lui potesse dare informazioni al negromante, il fatto che il suo cervello celasse certi ricordi e che questi fossero accessibili al mago era del tutto incomprensibile per lui e fu sopraffatto dal terrore di ciò che stava per subire...
Dwerulas conficcò le unghie aguzze nella nuca del re, direttamente nel tessuto bulboso del cervelletto, l'umore acido della tintura con cui erano laccate bruciò la materia cerebrale e un torrente di dolore fiammeggiante invase la coscienza dello sventurato monarca, un dolore sordo, insostenibile, come se un sole divampasse nella sua testa, Adomphas non credeva si potesse provare un dolore così violento senza perdere la coscienza e incapace di parlare a causa della mandibola estirpata emise gorgoglii strazianti, ma era solo l'inizio... il mago iniziò a scavare dentro la sua testa con le unghie per raggiungere il Ponte di Varolio e l'acida tintura cominciò a trasmettere flussi di ricordi alla mente del negromante...
Come uncini roventi le unghie scartocciavano strati di tessuto cerebrale, nella mente del re i ricordi affioravano con lampi purpurei e spasimi di dolore terrificante, le immagini, i suoni, gli odori si sovrapponevano nella sua mente, il tempo si dilatava in modo inconcepibile e lui riviveva frammenti della sua esistenza e di quella dei suoi antenati, volti, nomi, sensazioni... mille e mille volte riprovò lo strazio della nascita, sua e dei suoi antenati, ferite, torture... nella sua stirpe la ferocia era sempre stata il contrassegno ed ora lui provava e riviveva di persona tutti quei terribili istanti, ma più insostenibile di tutti era il dolore folle del cervello strappato via a brani dalle unghie del mago...
Il cervello non può provare dolore, lo sapeva bene, espertissimo nell'arte della tortura il re aveva ottime cognizioni di anatomia eppure il dolore che provava ora era inimmaginabile, inspiegabile ed insopportabile... desiderava impazzire, implorava dei dimenticati affinchè avessero pietà di lui e lo strappassero a quella vita restituitagli dal mago, ma il potere di quello era troppo forte e gli dei sordi ed assenti non avevano orecchie per le implorazioni del re.
Dwerulas in trance raschiava con le unghie il cervello del re, indifferente alla sofferenza che causava navigava tra i flussi dei ricordi risalendo sempre più indietro nel tempo e nelle generazioni, non si poteva spiegare in che modo agisse la tintura, era un segreto antico noto a pochissimi negromanti, ma funzionava! I ricordi fluivano come un torrente di immagini e solo un cervello estremamente abile era in grado di trovare la giusta direzione in quel labirinto di ricordi atavici...
Frammenti di vite passate, con suoni, odori e colori si accavallavano tra loro, evanescenti man mano che ci si allontanava da essi addentrandosi nel profondo, più vividi se la direzione scelta era verso di essi, il mago aveva raggiunto il Ponte di Varolio e con le unghie raspava il cervello rettiliano dove erano depositati i ricordi più antichi...
Nei flussi di immagini gli abbigliamenti cambiavano in continuazione, abbigliamenti, acconciature, trucchi... Dwerulas osservava in quegli istanti di trance le vite di decine di migliaia di linee generazionali e finalmente individuò i ricordi di re Euworan... oltre quattro milioni di anni nel passato, un'antichità impressionante, ma integri e perfetti...
Il mondo di allora era completamente diverso, le città morte di oggi in quell'era erano ancora da costruire, la stessa foggia e disposizione dei continenti era diversa e sconosciuta ma il Continente Antico dell'emisfero australe era pressocchè immutato ed era lì che Euworan aveva scoperto il Tempio di Shanga!
Dwerulas annuì con soddisfazione, era molto giusto e del tutto presumibile ma il Continente Antico era coperto di ghiacci sin da epoche pre umane e trovare la giusta cavità nei ghiacci mutevoli era impresa impossibile senza un punto di riferimento preciso...
Adomphas non vedeva più lampi di ricordi passati, ora il suo orizzonte sensitivo era un unico continuo mare di dolore, una fiamma abbacinante, straziante, mista ad un suono penetrante e lacerante che cresceva di intensità senza sosta, la sofferenza indescrivibile gli permeava la mente, non riusciva più a seguire un pensiero per quanto semplice fosse, solo il dolore costituiva la sua unica sensazione tattile, auditiva, visiva e olfattiva, un dolore allo stato puro, un dolore che nessuna mente avrebbe potuto sopportare senza cedere all'oblio e il controllo del mago gli impediva di cedere all'oblio desiderato con spasmodica disperazione, non poteva morire, era già morto, non poteva perdere la coscienza, non ne aveva più il controllo, il tempo non aveva più senso, il dolore era eterno, aveva perso del tutto ogni ancoraggio alla realtà, i secondi duravano eoni e nemmeno la pazzia poteva proteggerlo poiché in quei tremendi istanti la mente del re era rinsavita del tutto e il dolore era vissuto in uno stato di agghiacciante lucidità...
Improvviso apparve il ricordo della strada per Shanga alla mente del mago, la porta di inconcepibile vastità scavata nella vertebra caudale di un antico rettile era ora visibile nel ricordo che si dipanava davanti a lui... il mago era allibito! la realtà era assai più incredibile della leggenda, assieme ad Euworan gettò uno sguardo oltre la soglia e con lui si ritrasse sconvolto dalla visione della catena dei mondi e della Scalinata di un Milione di Anni... Euworan era fuggito in preda al terrore, la sua miserabile mente umana non aveva potuto sostenere la visione dell'inconcepibile architettura dei mondi degli dei, ma Dwerulas era in parte umano ed in parte demone e se la sua natura umana arretrava per il terrore dell'ignoto, la sua natura di demone era fredda e risoluta a ritrovare e varcare la soglia tra i mondi...
L'Antico Tempio di Shanga non era una leggenda, era antico, troppo antico per essere collegabile ad un'era storica, ma era reale ed era ancora accessibile, costruito dagli dei non era soggetto alle leggi degli uomini e sfuggiva alla devastazione del tempo, era celato tra i ghiacci solo perchè in un tempo lontano il pianeta aveva cambiato l'inclinazione del suo asse e ciò che ora era dominio dei ghiacci un tempo era sotto la luce del sole...
Il culto di Shanga che era pressocchè estinto sul continente era stato solo una pallida eco del suo modello pre umano, i loro segreti e leggende, i loro misteri iniziatici non potevano che dare una pallida rappresentazione della matrice del culto, Dwerulas aveva visto i resti polverosi dei templi sepolti nelle città morte da millenni, le loro immani strutture architettoniche erano solo la centesima parte, la millesima parte di ciò che Euworan vide e davanti a cui arretrò temendo di impazzire!
Dwerulas si leccò le labbra, se quello era reale anche il Libro Circolare del Dio Morto lo era e lì vi era il segreto della natura dell'intero universo! doveva solo oltrepassare la porta per raggiungerlo ed impossessarsene! Ora non dubitava più dell'antica leggenda, attraverso gli occhi di Euworan aveva visto abbastanza e sapeva la strada da percorrere per raggiungere la fessura tra i ghiacci che lo avrebbe condotto all'Agarthi sotterraneo dove la porta attendeva di schiudersi nuovamente sulla Catena dei Mondi...
Guardò nuovamente oltre l'anello richiamando il ricordo che sconvolse Euworan e rimase lui stesso sconvolto dall'immane vastità di quella realizzazione architettonica, nessuna mente umana avrebbe potuto concepire qualcosa di simile, nessun architetto umano avrebbe potuto progettare qualcosa del genere, nessun umano avrebbe potuto costruire un'opera così immane che sfidava le leggi stesse della natura e che avrebbe richiesto l'opera di miliardi di muratori per milioni di anni, solo gli dei potevano aver creato quella struttura con un solo battito di ciglia e lui, il mago mezzo umano e mezzo demone, stava per impossessarsi dei segreti della creazione ed avrebbe a sua volta edificato interi universi solo pensando...
Guardò la testa dilaniata del re con disprezzo e ne trasse fuori la mano senza curarsi della devastazione causata, la pulì sul mantello lacero e tarlato del monarca e poi si rivolse a lui con tono beffardo.
«Ho ciò che cercavo, è assai più di quanto pensassi per questo sarò generoso e per ora ti rimando nella Terra di O, lì potresti passare il resto dell'eternità nella grigia caligine in compagnia del ricordo di questa sofferenza che non ti abbandonerà mai, hai levato la tua mano contro di me ed in cambio il dolore ti sarà compagno anche nella Terra di O dove i morti sfuggono alle leggi della vita ma dove io ho certi poteri, sciocco monarca, ma non sarai in pace per molto, presto avrò io stesso i poteri di un dio e trasformerò la Terra di O in un incubo terribile per te e per gli altri abitanti della terra dei morti, sarete il mio passatempo voi e le sciocche razze che affollano il cosmo...»
Attraverso l'oceano di dolore Adomphas udì la minaccia del negromante, le parole giungevano alla sua coscienza affiorando nella nebbia di dolore purpureo come bolle d'aria in un denso liquido oleoso, non riusciva ad immaginare sofferenze più terribili di quella che stava attraversando ma non dubitava che il mago avrebbe saputo trovare nuovi tormenti per lui e per i morti di O, se fosse diventato un dio con i poteri che solo gli dei posseggono di sicuro i morti avrebbero avuto dinanzi una fosca eternità agli ordini del mago, Adomphas in vita era stato crudele, insensibile, dispreggiatore degli dei e di ogni umana debolezza ma in questi ultimi istanti di indicibile sofferenza era rinsavito ed ora provava vergogna per la sua vita dissipata e di dissennata crudeltà, mentre Dwerulas raschiava il suo cervello in qualche modo le antiche virtù dei capostipiti della sua stirpe regale erano tornate a galla ed ora non era più il folle monarca a rivolgersi agli dei ma era un uomo vergognoso del suo passato che nulla chiedeva per sè, dato che accettava come giusta ogni possibile punizione e tormento ma che chiedeva pietà per le anime della Terra di O, poiché non è giusto privare i morti della pace dopo una vita di dolore, si rivolse a tutti gli dei, sia quelli noti che quelli ignoti, chiese loro di fermare il negromante prima che gli stessi dei si trovassero succubi di fronte a lui, le sue implorazioni cariche di disperazione in qualche modo arrivarono in un punto lontano dell'universo e la palpebra di un dio vibrò lievemente nel sonno di morte...
Dwerulas emise un fischio sordo e dalla terra riemersero i monconi umani che tornarono a seppellire e divorare il monarca, poi, indifferente, volse le spalle alla radura col pensiero rivolto solo al tragitto al termine del quale lo attendeva l'antico tempio pre umano di Shanga e la porta costruita dagli dei attraverso la quale avrebbe raggiunto la dimora del Dio Morto e dove si sarebbe impossessato dei segreti della creazione...
Questo capitolo, scritto per la prima metà tra agosto e ottobre 97 durante i ricoveri per gli interventi agli occhi, è stato ultimato il 25 maggio 1998 a Trieste e riprende dopo oltre un anno la storia di Dwerulas che conto di portare a termine nel corso del 2005...