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Dal nostro inviato... all'Inferno
Parte Prima
(pubblicato su Due Alfieri n. 25 di Luglio/Agosto 1982)
Olivia de Bernardinis Betty Page as Devil Girl |
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«Il suo nome prego?».
L'incaricato al tavolo delle iscrizioni al torneo rimase in attesa della mia risposta, mentre prendeva il nuovo modulo da compilare.
Declinai le mie generalità e lo guardai con curiosità mentre staccava e mi consegnava il tesserino del torneo. Lo presi e nel vedere il mio numero di gara non riuscii a trattenere un'esclamazione di stupore.
«G/1781951! Ma che vuol dire? Ma in quanti siamo a partecipare?».
L'incaricato sorrise in modo bizzarro: «Molti, lei non immagina quanto sia affollato questo torneo, ma vedrà, di certo avrà tempo per conoscere tutti i partecipanti... e di giocare con loro».
Il modo in cui disse l'ultima frase mi lasciò lievemente a disagio e prima che passasse ad un'altra iscrizione mi rivolsi nuovamente a lui: «Non vorrei farle perdere altro tempo, ma gradirei qualche informazione sul torneo, tipo di girone, premi, promozioni e, inoltre, forse la cosa può sembrare marginale, vorrei sapere la durata del torneo, dato che non ho con me molto denaro e non posso trattenermi a lungo. Finora non si è ancora parlato di tassa d'iscrizione, ma credo che le spese di soggiorno siano consistenti, dato l'ambiente così... - mi guardai attorno per qualche istante - elegante!».
Sorrise nuovamente e mi consegnò un pieghevole stampato. «Qui c'è scritto tutto e non si preoccupi per la spesa, è tutto a nostro carico, lei deve solo giocare e divertirsi. La nostra organizzazione dispone di ingenti capitali, diciamo grazie ad un lascito... e questo albergo è stato interamente messo a disposizione per il torneo. Ora segua la guida e all'entrata della sala G riceverà il formulario e sarà accompagnato al suo tavolo di gioco».
Lo ringraziai e mi incamminai lungo il corridoio fiancheggiato da eleganti tendaggi di velluto bordò e da quadri ottocenteschi impreziositi da sfarzose cornici dorate.
La guida dava l'impressione di camminare senza peso su un cuscino d'aria. Arrivato nei pressi della sala H notai in una nicchia alla parete un bar, dove una graziosa fanciulla dai capelli rossofiamma si affaccendava a preparare cocktail; mi sedetti ed ordinai un Bloody Mary. Mentre lo sorseggiavo lei mi sussurrò che, se mi faceva piacere fare una sosta dopo il primo turno, potevo salire nella camera a me assegnata e chiedere di lei al centralino: il suo numero di servizio era D/1771. Di fronte al mio sguardo quasi scandalizzato rise graziosamente ed aggiunse che anche gli extra erano a carico dell'organizzazione.
La ringraziai un pò imbarazzato e promisi che ci avrei pensato su. Mi diressi quindi senza altri indugi alla mia sala di gioco e fermatomi davanti lo spesso tendaggio dell'entrata mostrai il tesserino all'incaricato, che rapidamente mi porse il mio formulario col nome del primo avversario già stampigliato sopra.
«Ahmed Gaab, un giocatore irakeno», ripetè all'inserviente incaricato di accompagnarmi al tavolino e sollevò la tenda per farmi passare. Non appena mi affacciai all'interno della sala non riuscii a trattenere un fischio di meraviglia e dovetti immediatamente scusarmi con i giocatori dei primi tavoli, che distratti dalla loro concentrazione mi stavano lanciando occhiatacce.
La sala era quanto di più colossale si potesse immaginare ed era piena fino all'inverosimile di tavolini da gioco. Avevo avuto modo di partecipare ad altre grandi manifestazioni, ma non feci fatica ad ammettere che questa era di certo la più imponente.
I tavolini ordinati in circa venti file andavano verso l'estremità della sala a perdita d'occhio e per quanto aguzzassi lo sguardo non riuscivo a scorgerne il fondo.
Guardando in alto invece potevo scorgere imponenti balconate, gremite fino all'inverosimile, aprirsi su altre sale di certo gigantesche come quella a me assegnata. Non potei trattenermi e, fermato l'inserviente per un braccio, chiesi con un flebile sussurro quanti fossero i partecipanti.
Allargò le braccia e scrollando la testa aggiunse che era molto difficile stabilirlo dato che lui era solo uno degli addetti alla sala G. Riprese a guidarmi lungo un interminabile corridoio di tavolini e, dopo un periodo di tempo che a me sembrò lunghissimo, mi indicò una scacchiera, dove il mio avversario era in silenziosa attesa. Mi sedetti e guardai dalla parte da dove ero venuto: l'entrata era lontanissima e si distingueva a fatica, mentre dall'altra parte ancora non si vedeva il fondo della sala.
«Che torneo! - sussurrai - si direbbe che qui si siano dati convegno tutti i giocatori del mondo!».
Il mio avversario sollevò lo sguardo e mi fissò in silenzio, poi scrollò la testa e spinse in avanti il pedone di Donna. Prima di rispondere alla sua mossa mi presentai e gli augurai una buona partita, lui fece altrettanto ma continuava a fissarmi ironicamente. Feci finta di nulla e mi concentrai sul gioco. Dopo un quindicina di mosse lo misi un pò in difficoltà e così mentre lui pensava io ne approfittai per fumare una sigaretta, rimuginando gli avvenimenti della giornata.
Ero partito in mattinata da Fiumicino per partecipare al Torneo Internazionale di Los Angeles e durante il viaggio eravamo incappati in una burrasca che ci aveva fatto perdere quota, ma fortunatamente, grazie all'abilità del pilota, eravamo arrivati senza danni all'orario stabilito. Le sorprese erano cominciate al terminal, dove grandi cartelli indicavano agli scacchisti la direzione da prendere per raggiungere l'albergo del torneo.
Dopo un viaggio in metropolitana, eravamo scesi ad una fermata in cui si apriva uno degli ingressi sotterranei secondari dello sterminato albergo che lo ospitava. Ho sempre apprezzato una efficiente organizzazione, ma questa era a dir poco sorprendente!
Nulla di strano che ad un simile torneo avessero aderito tanti giocatori, semmai era strano che io fossi stato ammesso a torneo già iniziato!
Il mio avversario con un sospiro parò maldestramente una mia subdola minaccia ed io senza farmi pregare effettuai uno spettacolare sacrificio. Mi sentivo in forma, ma considerai che fosse anche a causa della scarsa concentrazione dell'irakeno, che appariva stanco ed annoiato. Mentre egli meditava aprii il depliant. Il torneo comportava un minimo di due turni giornalieri e a richiesta si potevano chiedere bevande e sigarette, mentre per il pranzo era sufficiente rivolgere le proprie richieste ad uno dei numerosi inservienti. La sera ci si poteva ritirare nella propria stanza e se si desiderava compagnia ci si poteva rivolgere al centralino, oppure si era liberi di gironzolare per le sale di gioco a guardare le partite ancora in corso. Ogni giorno erano previsti premi per tutti coloro che avessero vinto almeno un paio di partite e per le partite più spettacolari, oltre che per quelli che guidavano la classifica in ciascuna sala. Era altresì possibile effettuare sfide e piccoli tornei lampo nei giorni di riposo e, se si voleva, si poteva partecipare ad altri giochi nelle altre sale dell'albergo.
Il torneo a cui mi ero iscritto era all'italiana...[1]
Sulle prime non compresi bene, poi guardai la sala e boccheggiai. Il mio avversario mi guardava divertito.
«Ci deve essere un errore sul depliant, per incontrate tutti - sussurrai - sarebbero necessari...».
Mentre lui abbandonava la partita mi alzai stralunato consegnando il formulario all'arbitro, che mi indicava l'uscita per il riposo serale. Prima di allontanarmi mi voltai verso il mio avversario, che sorridendo si congratulava per la mia bella vittoria: «Coraggio, si abituerà, l'eternità è lunga, buon torneo!», ma le sue parole confortanti mi apparivano ironiche e deprimenti.
Tornato in corridoio passai nuovamente davanti al bar vicino alla sala H e pregai la rossa di salire su in camera mia. La prima notte al torneo fu più piacevole di quanto potessi immaginare ed all'indomani mi svegliai più sereno.
Appena sceso nell'atrio lessi su uno dei giornali del mattino, senza alcuna emozione, la notizia del Jumbo inabissatosi nell'oceano e dopo una rapida colazione mi diressi alla mia sala per il mio turno di gioco.
A tutt'oggi ho collezionato un buon numero di premi, ho conosciuto una gran quantità di gente e se giocherò con attenzione i prossimi turni non è escluso che possa entrare nella zona alta della classifica. Ho rivisto varie volte la rossa incontrata il giorno del mio arrivo, ma non è la sola, qui nell'albergo, sono in molte, tutte bellissime e non corro il rischio di dormire solo!
Da qualche tempo ho scoperto dove si gioca a bridge e mi sono iscritto anche a quel torneo, tanto ho tutto il tempo che voglio!
Mi sembra incredibile che vi sia chi si annoia, io mi diverto da matti...
Sì, se questo è l'inferno, è davvero un bel posto ed il personale, specie quello femminile, è cortese ed affabile... Solo mi preoccupa per motivi di classifica il mio prossimo avversario, è un calabrese, un certo Greco, Gioacchino Greco,[2] dicono che sia fortissimo!...
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Il brano in background è Red Sea di Tom Kristoffersen, uno straordinario musicista che ha realizzato i midi più carichi di atmosfera che abbia mai trovato sul net. Il brano è qui riportato con il permesso dell'autore.
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La diavoletta utilizzata per il border è un gioiellino di Sorayama Hajime, è invece di Olivia De Berardinis l'altra diavoletta di inizio pagina e che compare anche nei pulsanti di navigazione, infine l'immagine utilizzata per l'e-mail è dell'eccellente Ken Martin. |
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La gif animata del braciere è di Jean-Aimé Wehrung.
L'altra gif animata del bottoncino fiammeggiante è del bravissimo Steve Bennett. La realizzazione dell'intero set grafico di base e del codice html è invece opera mia. |
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