Il Profumo del Legno di Cedro

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Keith Parkinson
The Diamond Throne


Come tutto sia accaduto e perchè sia successo, francamente lo ignoro, non è sempre facile capire come certe cose possano accadere, a volte accadono, accadono e per quanto si cerchi non vi è un motivo, una spiegazione... nulla!
Non avevo una buona vita, non l'ho mai avuta prima, solo tanta solitudine, tante disillusioni e l'ultima mi aveva annientato, succede... solo che a me succedeva sempre, con troppa regolarità, ogni volta mi ripetevo «Ora le cose sono cambiate...» ma ero solo io a crederlo ed in realtà mi lasciavo ancora una volta prendere in giro, ridicolizzare e ferire da una nuova illusione.
Quel giorno scannerizzavo per un mio web un'immagine di un castello medievale, l'immagine riproduceva un momento di vita quotidiana, una dama che ascoltava rapita un trovatore che recitava i suoi versi accompagnandosi con un arciliuto, l'immagine mi incantava per la dolcezza dello sguardo di lei, per la sua compostezza, mi dicevo che ben poche donne di oggi avevano altrettanta pudicizia e candore, per questo ero incantato dall'immagine della dama, avrei voluto essere io quel trovatore, avrei voluto essere io lì, ascoltato con tanta attenzione, in passato vi è stata chi quando parlavo guardava le mie mani, che cosa ridicola! A pensarci mi viene in mente un vecchio proverbio "Il saggio indica la luna e lo stolto guarda il dito...", già, giusto uno stolto guarda le mani di chi parla invece di seguire ciò che quelle mani tracciano o indicano nell'aria... per questo contemplavo con invidia l'immagine, la dama seguiva le parole, la musica, non si perdeva a guardare le mani, ma seguiva i pensieri del trovatore...
Completai lo scanning ma non usai l'immagine per il web, bensì come sfondo al desktop, ogni volta che accendevo il computer rivivevo la stessa magia... lei era lì e guardava verso il trovatore, con attenzione, con affetto ed io un pò lo invidiavo per aver suscitato tanto interesse in una donna così bella e così fine, e bella lo era davvero, l'ignoto miniatore aveva dato alla dama le fattezze di un angelo, ma anche lo sguardo di una donna intelligente, la compostezza di una regina e l'eleganza di dea.
Non sapevo chi vi fosse ritratta ma più guardavo l'immagine e più la sentivo familiare, forse ritrovarla ogni giorno sul mio computer la rendeva parte della mia vita, dietro di lei vi era una finestra ogivale e nel panorama si intravedevano alti alberi e dune lontane...
Il libro da dove l'avevo presa non forniva spiegazioni di alcun genere, solo una didascalia di vaga ed incerta natura: Anonimo, Serenata per una dama, una didascalia vaga che non spiegava nulla, nè l'epoca, nè il luogo, nè chi fosse la dama...
Così giorno dopo giorno tornavo dal lavoro ed accendevo il computer, ma non facevo gran chè non lavoravo ai miei web, non scrivevo testi ma passavo le ore a guardare la mia dama senza nome, poi, beh poi successe qualcosa che non saprei come spiegare, del resto credo che nessuno potrebbe spiegare come e cosa sia successo, forse fu solo un sogno o forse accadde un bizzarro miracolo, parte sogno e parte... difficile dire cosa...
In realtà un istante prima guardavo lei sul mio computer, un istante dopo guardavo lei negli occhi...

Ero incantato, credevo di essere di fronte a lei e di fronte a lei lo ero davvero, lei batteva lievemente le lunghe ciglia e sorrideva, un sorriso dolce e malinconico, il suo volto era levigato e chiaro come l'alabastro, i suoi capelli, oro brunito, i suoi occhi azzurri come il cielo di Provenza.
Poi parlò ed io capivo le sue parole, senza fatica...
«Ma cher amie, parlez moi de ma Proense...»
Il tocco della sua mano sulla mia, leggero come la corolla di un giglio, la mano del più bel giglio di Francia, ed io parlai e parlai...
E non fui più lì, ma altrove, ero in un giardino in Provenza e creavo un canto per una dama lontana che forse mai avrei visto, creavo una chanson per la più bella contessa della Cristianità, per madonna Melisanda di Tripoli...
«Lanqand li jorn...»
E la mente volava lontana, verso una terra al di là del mare, una terra dove lei viveva, dove l'aria profumava di cedro, dove il cielo era sempre azzurro ed il vento caldo odorava di spezie...
«Oh ma senhora, o ma domna, amer sans vezer... es ma gran dolur...»
Nel giardino un piccolo corso d'acqua portava verso il mare i gigli che ad uno ad uno affidavo a lui per il mio giglio lontano.
Ed oltre il mare lei, lei che ascoltava rapita le parole del trovatore che non era un trovatore ma un abate che recava un messaggio d'amore, una chanson che aveva portato con se, un omaggio, un sinhal, e lei ascoltava e scuoteva la testa, turbata, perplessa, commossa...
«Sans vezer!»
E l'abate annuiva, e la guardava con dolcezza, ripetendo con voce lieve le parole di lei «Sans vezer...»
Lei era colpita, turbata per la chanson, commossa per quell'amore così incredibile e straordinario, si alzò andando verso la finestra, aspirando l'aria odorosa, poi si riscosse dai pensieri, prese un piccolo scrigno di legno di cedro, lo aprì, rimase per un istante a pensare, poi si tolse un anello, lo pose nel piccolo scrigno e lo consegnò all'abate «Por Jaufre»
L'abate si chinò davanti a lei prese lo scrigno e si congedò.

E ancora la scena si dissolve come nebbia e di nuovo il cielo di Provenza, di nuovo il cespuglio di gigli.
Lo scrigno è aperto e l'anello è sulla mano di Jaufre che lo guarda e poi guarda il cielo, guarda lontano verso oltremare e l'aria è profumata, lo scrigno profuma intensamente e Provenza e Libano si fondono per un istante, e lei non è più lontana...
Mette l'anello al dito, come una fede nuziale e solleva lo scrigno davanti al viso, come se fosse il viso di lei e lo bacia con lieve dolcezza...

Ecco tutto questo è il sogno che ho vissuto, un sogno strano, in cui l'immagine mi ha narrato se stessa, la sua storia, mi ha sussurrato i nomi dei protagonisti e dei luoghi, lei è la Contessa Melisenda, lui l'abate Uc a cui Jaufre affidò il suo messaggio d'amore, ma nella storia vi è un elemento profumato di cedro, lo scrigno che racchiuse un anello... uno scrigno che Jaufre baciò con tenerezza...
Sì, lo so, è stato uno strano sogno e quell'immagine ora non è più nel desktop, l'ho tolta dopo il sogno, o cosa esso fosse in realtà, l'immagine era cambiata, la contessa era vestita di nero, e non vi era più un abate trovatore di fronte a lei...
Ma nella mia casa ora aleggia un dolce profumo di cedro, un profumo gentile, un profumo che parla di un amore lontano, un profumo che viene da un piccolo scrigno che per qualche strano motivo rimase nelle mie mani quando il sogno terminò...
Guardo quello scrigno e penso che a volte strane cose accadono in un mondo che in parte è realtà amara e deludente, ma in parte è sogno, ed in quel sogno non esiste più un luogo o un tempo preciso, ma esiste invece un sentimento che sfida il tempo e lo spazio, che sfida la vita e la morte, e così ogni volta che torno a casa prendo quel piccolo scrigno, lo accosto al viso ed affido ad esso un lieve bacio per la mia contessa lontana, che non vedrò mai ma che amerò sempre fino alla fine del tempo.
Amer sans liei vezer, perchè l'amore è fuori dal tempo e fuori dallo spazio, e lei sarà per sempre la mia bella Contessa...

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Scritto il 23 agosto 1996, immediatamente successivo a Scegliere una vita riprende i personaggi della Contessa Melisenda di Tripoli e di Jaufre Rudel de Blaja che torneranno in altri brani e sulla cui vicenda ho iniziato tempo fa un romanzo breve: Il Giglio di Rudel.

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Il brano in background è Ja nuns hons pris di Re Riccardo I Cuor di Leone
[Richard I Lionhearted] (1157-1197) seq. Curtis Clark.
This midi is in my web with permission of Curtis Clark.

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