Gatti... nella poesia


Dire che il gatto sia la creatura più amata da artisti, poeti ed uomini di cultura è un luogo comune, chiunque ha un animo sensibile prima o poi subisce il fascino di queste straordinarie creature, poter riunire assieme tutti i testi poetici, saggistici e letterari che dedicano al gatto pagine indimenticabili è un'impresa praticamente impossibile ma è un piacere ed una gioia dare un piccolo assaggio di questa sterminata letteratura, solo un assaggio dato che come ho detto riportare tutto richiederebbe non poche pagine ma un milione di web come questi, poichè è dagli albori della civiltà umana che uomini e gatti convivono e condividono il mondo della fantasia e del sogno...
Da quando gli egizi subirono il fascino di questa creatura straordinaria questo legame e complicità si è sempre più rafforzato nel tempo con brevi e vergognose pause in cui il gatto ha subito persecuzioni di pochi stolti fanatici che preferivano la piaga mortale della pestilenza all'amicizia di una creatura misteriosa ed affascinante.
Misteriosa creatura di sogno, silenziosa e gioiosa, discreta ed affettuosa, è sempre presente in tutte le epoche e presso tutte le culture più raffinate...
Mai servile dona il suo affetto solo a chi è vicino al suo mondo, creatura orgogliosa e sublime più volte elevata al rango di divinità è spesso accanto alle dee che impersonano il sentimento dell'amore e ne è essa stessa personificazione...
Notissime ed amatissime le sue incursioni nel mondo del cartone animato e del fumetto: Tom, Silvestro, Isidoro, Felix, Crazy Cat... un elenco senza fine che vede l'amico felino in veste di cattivo ma che alla fine ci porta sempre a parteggiare per lui contro il suo avversario di turno con cui spesso fa lega comune contro avversari più insidiosi e nefasti... Detestato da Walt Disney che ad esso assegna un ruolo odioso si prende una rivincita con Gli Aristogatti realizzato subito dopo la morte del cartonist...
Animale nobile per comportamento ed eleganza allieta con le sue moine e fusa chiunque abbia un animo gentile...
Alle soglie del 2000 amare i gatti è espressione della sensibilità del nuovo millennio che si avvicina, vi è un termine che racchiude questo significato: snag sensitive new age guy, l'uomo della nuova era subisce e rafforza un fascino antico e senza tempo e riscopre una creatura che da sempre ci è accanto discreta e vezzosa nonostante le tante malvagità subite dall'uomo.
Solo la persona rozza detesta il gatto non tollerando la sua indipendenza, non comprendendo perchè questo rifiuta di esser servile e obbediente come il cane, non comprendendo che il gatto ha con l'uomo un legame di schietta amicizia e complicità giocati su un piano di eguaglianza che è unico nel suo genere.
Ama il gatto chi ama la natura, chi la preserva e la protegge, chi vive nel mondo rispettandone tutte le sue creature, odia il gatto chi si serve dei doni di questo nostro pianeta per depredarli ed esaurirli in modo scriteriato e folle, il gatto è il legame tra il terreno ed il sovrannaturale ed attraverso lui partecipiamo all'essenza del mondo non come predatori ma come sensibili figli di una nuova era.
Mi piace dar inizio a questa raccolta di brani poetici con i sonetti che un carissimo amico, appassionato di medioevo e coltissimo studioso di esso, Roberto Gagliardi, ha dedicato ad uno dei tanti gatti che ha amato durante la vita, un gattino che ha vissuto poco ma che ha saputo lasciare un'incancellabile impronta della sua breve vita, in appendice lo zippato di un poemetto dedicato al gatto con un titolo esplicitamente allusivo La Micizia, un gioco di parole che racchiude il tipo di amicizia esclusiva e specialissima che solo il micio può donare all'uomo...

Duca Lucifero

Sette Sonetti per Gatto Mosè
di Roberto Gagliardi

1.

Mosè era nato il venticinque aprile
da gatta Chiara e babbo sconosciuto
(ma certamente non di schiatta vile
visto che a gatta Chiara era piaciuto).

A due fratelli suoi subito ostile
la sorte fu. Mosè sembrò più astuto,
ma solo la stagione sua infantile
gli era concessa. Eppure egli è vissuto

lasciando di se stesso una memoria
dolce d'amor, sottile d'amarezza,
di frenesie, di guizzi e d'abbandoni.

No, non possiamo dire d'esser buoni:
ma in un gatto che fusa alla carezza
ricordiam di Mosè la breve storia.

2.

In terrazza (il suo box) tutta la notte
stava Mosè: ma Chiara il suo gattino
ritrovava col sole del mattino
e cominciavan le amorose lotte.

Non si videro mai gighe o gavotte
più sfrenate e complesse: uno zampino
si arrotolava intorno ad un pancino
candido, e c'era un turbinio di botte,

c'eran morsi furiosi e corse matte,
contorcimenti, unghiate, e gran scompiglio
di pelo. E dopo l'ultima testata

arrivava la calma. Abbandonata
vedevi Chiara, languida, e suo figlio
che grande ormai succhiava ancora il latte.

3.

Sì, lo succhiava ancora il latte: ma
era solo quel trucco di chi cresce
e ferma il tempo, fin che ci riesce
(così col dito in bocca un bimbo sta).

Per il resto, la sua voracità
non conosceva soste: carne o pesce,
riso, pasta col sugo, e ciò che esce
da scatolette compre, entrava là,

in quella gola sua così piccina,
così efficiente. Astolfo, intimidito,
gli cedeva il suo piatto, ed arretrava

Lucciolo stesso, il "pozzo". E lui mangiava
come se di quel cibo a lui gradito
l'eclisse fosse sempre più vicina.

4.

Che dovessi restar dov'eri nato
io credo fosse scritto. I tentativi
per collocarti, tiepidi; ed amato,
presto con sentimenti possessivi.

Sì, conoscesti un mondo limitato:
la casa col divano in cui dormivi,
il prato, l'oleandro che hai straziato,
la strada (c'eri il giorno in cui morivi).

Ma l'esempio di Astolfo, il migratore,
e di Sigfrido, gatto sempre in moto,
t'avrebbe spinto, se fossi cresciuto,

a cercar nuovi spazi e a farti onore.
E anche così un cammino ti fu noto,
nel profondo del cuor di chi t'ha avuto.

5.

Sdraiato su una sedia, languoroso,
la testa alzava in atto di chi vuole
notar chi passi, e il corpo prezioso
dal suo ristoro disturbar non suole.

Così vedevi un muso curioso
ruotare e interrogar senza parole,
di te e del tuo cammino sospettoso:
lo chiamavano gatto/girasole.

Era un fiore bensì, con gli occhi d'oro,
bello, ma forte e libero nel cuore:
se come il sole ci considerava

era il sole per lui chi gli donava
carezze e cibo, pretesti d'amore.
Era quello il suo unico lavoro.

6.

Un gatto è un vento fresco che ti sfiora
nel giorno estivo torrido, e va via.
Resta l'arsura, e il vento corre e ignora
l'ansia di una freschezza che ci sia

senza intervalli (verrà la Signora
della notte freddissima). Malia
s'aggira in questo vento, e t'innamora,
e se t'inganna, pur non è bugia.

Ma un gatto è come bolla di sapone:
lieve volteggia, e miagola, e fluisce
nell'aria lenta, dono e vana cosa.

Avevo un gatto con le orecchie rosa,
col pelo bianco e con la coda a strisce.
Ora è bolla nel vento, ed è passione.

7.

Se torneremo (chi puè dirlo, "se"?)
in altra vita a respirare il cielo,
ritroveremo forse, sotto un velo
diverso, lui che fu gatto Mosè

in questa vita un poco storta, che
percorse, fior di pesco e fior di melo,
breve scia, breve spuma, corto stelo,
cosė pronto a donar tutto di sè.

Forse saremo gatti, e lui bambino,
e le carezze avranno direzioni
diverse, ma lo stesso sentimento.

Forse sarà un poeta, e il suo tormento
sarà il tempo che fugge per ragioni
ignote. Io lo consolerò, gattino.

(28.9.1981)

Nel poemetto La Micizia si ritrovano molti dei mici nominati nei sette sonetti, in una vera galleria di felini ognuno con le sue bizzarrie e birbanterie, tutti osservati con affetto e curiosità, nella seconda parte tutta una serie di brani dedicati a peculiarità tutte feline...


Se vuoi inviarmi una e-mail puoi affidarla al mio micio postino...


In background Chronologie III part 2 di Jean Michael Jarre.


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I sonetti per gatto Mosè e il poemetto La Micizia sono di Roberto Gagliardi
Il border background e gli occhi felini sono ricavati da immagini di Susan Duncan

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